Mercoledì 24 Aprile 2024

Benedetta vecchiaia, l’esempio di Papa Francesco

Roberto

Pazzi

In realtà noi non la vita abbiamo prolungato quanto la vecchiaia, in questa nostra epoca protesa a sfidare i limiti della Natura, arresa ai miti di Faust e a quelli di Narciso. Per questa ragione un prelato assai vicino al Papa come monsignor Paglia, Presidente della pontificia accademia per la vita, ha definito in un suo coraggioso libro la vecchiaia "l’età da inventare".

E Papa Francesco non finisce di rompere i tabù dell’imperante narcisismo che non ama si esibiscano le offese e le ombre della carne, ma soltanto i fulgori della giovinezza, il fascino della bellezza, l’appeal della prestanza, la fama dei primati sportivi che elevano a eroi i campioni di un’effimera stagione. Destinati a scendere poi negli archivi della memoria, come le figurine dei calciatori della mia infanzia.

Ed ecco una volta di più Papa Francesco ricordarci che il primato vero, l’unico davvero inossidabile, capace di sfidare il tempo e nel tempo affinarsi, invece di scemare, è quello della testa, dell’intelligenza, della sapienza che anche in carrozzella continua a guidare la vita. Forse anche liberate dagli appetiti della giovinezza. Non è necessario ricordare gli elogi della vecchiaia di Cicerone e di Seneca, né come Platone affidasse solo agli anziani il governo nella sua Repubblica per dare ragione al pontefice più amato, nonostante una certa resistenza conservatrice. Basterebbe ricordare i versi di Felicità scritti da Umberto Saba in età avanzata come quella di Bergoglio in carrozzella.

Il poeta contemporaneo confronta certe malinconie della giovinezza, ancora priva di sapore e di consapevolezza, con la vecchiaia e i suoi prodigi: “La giovinezza cupida di pesi porge spontanea al carico le spalle. Non regge. Piange di malinconia. Vagabondaggio, evasione, poesia, cari prodigi sul tardi! Sul tardi l’aria si affina ed i passi si fanno leggeri. Oggi è il meglio di ieri, se non è ancora la felicità”.