Giovedì 25 Aprile 2024

Ansia e depressione? Lo psichiatra prescrive una visita al museo

A Bruxelles l’insolito esperimento voluto dall’assessora alla Cultura I medici possono curare i pazienti con ricette per gite gratuite nei luoghi d’arte

Kim Novak nella scena del museo della “Donna che visse due volte“ (Alfred Hitchcock, 1958)

Kim Novak nella scena del museo della “Donna che visse due volte“ (Alfred Hitchcock, 1958)

Dopo mesi di sperimentazione, da una settimana tra le terapie che possono essere prescritte dagli psichiatri degli ospedali di Bruxelles contro depressione, ansia, disturbi dello spettro autistico, psicosi, disturbo bipolare, esaurimento ci sono anche le “ricette museali”, vale a dire visite gratutite con amici o familiari alla scoperta della Maison du Roi, del museo della Moda e del Merletto, del Centrale d’arte contemporanea, e (degustubus) del Museo delle fogne. Secondo l’Observer l’iniziativa è dell’assessora alla cultura di Bruxelles Delphine Houba che – sulla scia dei medici di Montréal che già nel 2018 prescrivevano ai pazienti depressi o diabetici visite al Musée des Beaux-Arts – ha voluto varare per prima il progetto in Europa. "L’obiettivo numero uno è ripopolare i musei dopo il lockdown", ha detto all’ Observer: "Voglio che tutti tornino nelle nostre istituzioni culturali, anche coloro che – pure prima del Covid – erano intimoriti fin solo dall’idea di entrare in un museo".

Il secondo obiettivo, ha specificato Houba, è però anche quello di fornire ai medici "un nuovo strumento terapeutico" in caso di disagi psicologici. "La “prescrizione della visita a un museo“ – ha raccontato all’ Observer il dottor Johan Newell, psichiatra del Brugmann University Hospital che sta prendendo parte al progetto pilota – può avere tale valore, come la prescrizione di qualunque cosa aiuti qualunque persona a sentirsi bene e a entrare in contatto con se stessa. Ma in particolare, se pensiamo ai nostri pazienti, la “prescrizione museale“ può essere utile a coloro che sono già un po’ più avanti nel processo di guarigione", non tanto alle persone gravemente malate, "in aggiunta a farmaci, psicoterapia, terapia individuale o di gruppo, e poi esercizio fisico, alimentazione sana e altre forme di relax". "È uno strumento in più – continua Newell – che potrebbe aiutare le persone a uscire di casa: risocializzare, riconnettersi con la società. Nonché un’opportunità per una tranquilla riflessione lontano dal trambusto della vita. La nostra società è così piena di stress: una “ricetta museale“ offre alle persone l’opportunità di prendere una pausa, per un momento".

Altro che Prozac e Zoloft: ci aveva (ovviamente) già pensato Schopenhauer. "Egli individuava il fondamento del reale nella Volontà, forza irrazionale che assoggetta gli individui al soddisfacimento di bisogni e desideri. Nella vita quotidiana, l’asservimento alla Volontà – ricorda Federica Cavaletti nel Primo libro di estetica (Einaudi) – conduce l’uomo a una rappresentazione del mondo obnubilata, in quanto funzionale ai propri interessi. Rappresentazione però corretta dall’arte, che è in grado di cogliere e restituire il mondo per ciò che è. Così facendo, l’arte offre un’esperienza in cui l’uomo, emancipandosi dai propri bisogni e desideri, dimentica e trascende se stesso, in una contemplazione foriera di conoscenza e libertà". Dunque conforto, cura. Balsamo alla depressione, forse.

Nel luglio scorso la rivista scientifica The Journal of Positive Psychology ha pubblicato lo studio di due ricercatori dell’Università della Pennsylvania, Katherine N. Cotter e James O. Pawelski, che mette in correlazione un miglioramento della qualità della vita con il fatto di visitare regolarmente un museo o una galleria d’arte. Lo studio rivela che un esperimento ha dimostrato gli effetti fisiologici positivi di due visite museali e due sessioni artistiche a settimana, per almeno sei settimane, su persone affette da demenza. Il medesimo studio segnala anche riduzione del livello di stress grazie alla frequentazione dei luoghi d’arte. Frequentazione regolare: le visite saltuarie non sarebbero sufficienti a produrre effetti osservabili.