Giovedì 25 Aprile 2024

"Anche a Bologna fu una strage di Stato" I giudici: rapporti con i servizi segreti deviati

A un anno dalla condanna di Cavallini arrivano le motivazioni della Corte d’Assise. Riscritta la storia dell’esplosione alla stazione che causò 85 vittime

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di Nicola Bianchi

La strage alla stazione di Bologna – 2 agosto 1980, 85 morti e oltre 200 feriti – fu "una strage di Stato". E il "giudizio di colpevolezza" nei confronti di Gilberto Cavallini, terrorista nero tra i più duri, nove ergastoli e oggi detenuto in semilibertà a Terni, "è conclusione immune da ogni ragionevole dubbio". Un quadro probatorio "univoco di notevole spessore", scrive la Corte d’assise nelle 2.118 pagine di motivazione-trattato dell’ergastolo deciso esattamente un anno fa. Cavallini è il ’quarto’ Nar – dopo Giusva Fioravanti, Francesca Mambro (ergastolo) e Luigi Ciavardini (30 anni) –, già condannato nel 1988 a 11 anni per banda armata e archiviato nel 2013 dall’accusa di strage. "Ma a Bologna – ripete chi freddò il giudice Mario Amato – non siamo io, Francesca, Valerio e Luigi che dobbiamo abbassare gli occhi...".

Sua la base. Per il presidente dell’Assise, Michele Leoni, "il figlio putativo di Massimiliano Fachini" (esponente di spicco di Ordine Nuovo, ndr), invece è colpevole, "anche nella sola ipotesi ‘minimale’ del contributo logistico e agevolatore dato dall’ospitalità (nella casa di Villorba nelle ore precedenti la Strage, ndr) da lui concessa a Mambro-Fioravanti". Il solo fatto di avere dato "un alloggio, quindi fornito una base", alla coppia "che doveva trasportare la bomba a Bologna", si inserirebbe "a pieno titolo nella segmentazione dell’iter causale che condusse alla strage". "In sostanza, – replica l’avvocato Gabriele Bordoni – lo si condanna per aver ospitato Fioravanti, Mambro e Ciavardini la notte prima della strage: nella mia arringa dissi che era impensabile assegnare valore a quell’aspetto, dopo che 65 giudici si erano espressi ritenendolo inconcludente". Si dice invece "esterrefatto" il collega Alessandro Pellegrini di fronte alla "supposizione che il 2 agosto sia stato scelto come data per la strage perché era il giorno della caduta di Weimar" e dunque, scrive la Corte, dell’inizio del regime nazista.

Orrore di Stato. Ma fu una strage comune o politica? Il dilemma "non esiste". Perché, taglia corto Leoni criticando il capo di imputazione della Procura, "si è trattato più esattamente di una strage di Stato". E lo si comprende, "in maniera incontestabile", dai "depistaggi", e dalle condanne definitive per Gelli, Musumeci, Belmonte, Pazienza. "Vertici delle istituzioni" che "non avrebbero avuto interesse a coprire e mandare impuniti quattro criminali che si divertivano a scatenare il panico, se in ballo non vi fosse stato anche il loro interesse comune". Nessuna logica "può affermare il contrario". Condannare per strage politica Cavallini, però, "in questa sede non è possibile" perché – qui l’affondo ai pm – "inopinatamente e in modo contraddittorio, nella parte descrittiva del reato dell’imputazione "è stata inserita la parola spontaneista", che costituisce "una negazione della strage politica, alias di Stato". E quello spontaneismo, un "richiamo per allodole", avrebbe "funzionato come clausola di sbarramento". Perché Cavallini era tutt’altro che uno "spontaneista confinato in una cellula terroristica autonoma", e il fatto, aggiunge la Corte, che a "37 anni di distanza", l’imputazione "riconduca tutto alla dimensione autartica di quattro amici al bar che devono cambiare il mondo (con bombe, coperture e depistaggi), lascia perplessi".

Maria Fresu. Perché, poi, arrivare a questo giudizio per concorso in strage del ’Nero’ solo nel 2017? La risposta è tranciante: "Il fatto che il contributo agevolatore fosse integrato anche dalla semplice ospitalità concessa all’attentatore, era di immediata percezione anche per il profano. Ben 38 anni fa". La sentenza, che definisce anche gli alibi di Mambro e Fioravanti "contraddittori e illogici", smonta il giallo dell’86esima vittima, tirato in ballo dalla difesa: "Non era possibile la dematerializzazione del corpo di Maria Fresu", ma un "dato incontestabile c’è: era lì". Rigettata anche la pista palestinese, "una scelta difensiva obbligata", ma che per la Corte "non regge". Nelle ultime pagine anche 12 ’testi’ denunciati per falso e calunnia in aula: con gli ex Nar Fioravanti e Ciavardini, anche l’ex generale Mario Mori, "reticente".