Venerdì 26 Aprile 2024

Ammazza l’ex e la nuova compagna E si uccide nell’auto piena di esplosivo

L’orrore in provincia di Vicenza. La prima sparatoria in strada, la seconda sulla Tangenziale dopo la fuga

di Giovanni Rossi

Doppio femminicidio con suicidio e lancio di granate: uno scenario da mattanza balcanica. C’è una successione esponenziale di fatti nella tragedia che a Vicenza mette fine a tre vite. Zlatan Vasiljevic, di nazionalità bosniaca, prima giustizia l’ex moglie Lidia Miljkovic, 42enne croata dal sorrriso solare; poi, chiuso nell’abitacolo della propria auto in fuga, infligge lo stesso feroce destino anche alla compagna degli ultimi tempi, una giovane venezuelana. Il suicidio finale sigilla un copione drammatico, connesso ai trascorsi dell’uomo, già arrestato nel 2019 per reiterati maltrattamenti alla moglie: principio di strangolamento, colpi alla testa, minacce sanguinose: "Ti cavo gli occhi". Otto anni di abisso. E adesso l’inferno.

Due ragazze di 13 e 16 anni oggi sono sole al mondo: senza mamma Lidia straziata dal papà assassino. Una delle tante storie di violenza che si trasformano in lutto anche in ragione di un contesto sociale e giuridico sostanzialmente incapace di prevenire i delitti. Vicenza è "sgomenta", ammette il sindaco Francesco Rucco, che per oggi alle 19 indice un momento di raccoglimento pubblico in piazza dei Signori. E subito la politica tutta interpreta il coro rituale dei giorni di femminicidio. Repliche in buona fede, ma dall’esito scontato di certificare il fallimento del sistema.

Agli inquirenti si presenta uno scenario di efferratezza inconsueta. La prima esecuzione avviene di mattina in via Vigolo. È quasi un agguato militare. L’assassino vuole la morte della ex. Aspetta che la donna abbia portato la figlia più piccola a scuola in auto, poi la affianca e spara un colpo dietro l’altro. In un disperato tentativo di reazione, la donna esce dall’auto. Invano. Altri colpi la raggiungono. La ritrovano riversa sull’asfalto. I testimoni contano sei colpi. L’uomo, del tutto fuori controllo, si apre la fuga facendo esplodere una granata. Tra precedenti e testimonianze sul luogo del delitto, le forze di polizia capiscono subito chi è il soggetto da fermare. Mentre sono messe sotto tutela le persone del nucleo familiare allargato contro le quali Vasiljevic potrebbe accanirsi, parte l’inseguimento con mezzi di polizia, carabinieri, forze speciali e l’ausilio di un elicottero. Il killer si fa notare lasciando esplodere un’altra granata nei pressi dell’autostrada A4. Capisce di non avere scampo. Forse è in quel momento che matura gli ultimi due gesti estremi nonostante la macchina carica di valigie per un’improbabile latitanza. La caccia all’uomo si conclude nel pomeriggio quando in una piazzola della tangenziale Sud di Vicenza viene scovata un’auto con due cadaveri a bordo. Subito l’area viene chiusa al traffico. Viste le precedenti esplosioni di granate, gli inquirenti temono e sospettano che l’auto sia zeppa di esplosivo. Hanno ragione. L’intervento degli artificieri conferma la presenza di granate, e qualcuno dovrebbe spiegare come siano potute finire nel perimetro urbano di Vicenza. I due corpi restano a lungo dentro l’auto. Nessun particolare viene reso noto sulla giovane venezuelana.

Di Lidia Miljkovic emerge molto di più. Donna coraggiosa, capace di ribellarsi al marito aguzzino quando il matrimonio si trasforma in prigione. Con iperboli assolute, come quando il marito denuncia la coniuge per abbandono della prole. Invece Lidia accudisce le figlie e si rimbocca le maniche. Due lavori. Uno da domestica a ore e uno nel catering, alla ditta Food&Co, dove si stava recando proprio ieri mattina. "Lidia è stata in malattia – racconta il datore di lavoro Benedetto Mondello –. Ricoverata per percosse, con il cranio fracassato. Era dentro e fuori dal tribunale a causa di denunce assurde". Ora tutti la piangono. E sentono il peso delle lacrime.