Mercoledì 24 Aprile 2024

Abusi sui minori, svolta dei vescovi "Ora la verità: apriamo gli archivi"

La mossa del neo presidente Zuppi: "A novembre il primo dossier ". E invita al confronto il leader delle vittime

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dall’Inviato

Giovanni Panettiere

Finalmente ecco una data e la promessa di un’indagine: la Chiesa italiana ha deciso di affrontare in maniera trasparente e diretta la piaga della pedofilia che sta minando la sua credibilità. Dopo decenni in cui ha prevalso la voce del silenzio per scongiurare ogni forma di scandalo, anche l’episcopato retto in passato dai cardinali Ruini e Bagnasco entro il 18 novembre renderà noto un attesissimo report sui casi di abusi perpetrati dal clero all’interno delle 226 diocesi del paese. Una svolta all’insegna della trasparenza che ha un nome e cognome: Matteo Zuppi, l’arcivescovo di Bologna, nominato dal Papa appena un paio di giorni fa al vertice della Cei. Don Matteo è stato abile nel capitalizzare, merito del piglio dinamico ed empatico che lo contraddistingue, la volontà di cambiamento ventilata nell’ultimo anno di una provata presidenza Bassetti, in linea con gli input bergogliani.

Che il suo ruolo sia stato decisivo lo si capisce dal volto sconsolato di un vescovo uscito durante i lavori a porte chiuse dell’assemblea generale terminata ieri Hilton di Fiumicino: "Qui sulla pedofilia non riusciamo a trovare la quadra, speriamo che Zuppi ci metta del suo". Era trascorsa appena una mezzoretta dalla nomina. Alla fine si è riusciti a conciliare l’ala riformista, più incline a costituire una commissione indipendente, con la pugnace corrente dei riottosi a qualsiasi intromissione esterna negli affari ecclesiali e soprattutto a una comunicazione urbi et orbi sugli abusi. Ne è emerso un compromesso che, se in verità non allinea (ancora) la Chiesa italiana a quelle francese o spagnola, promotrici d’indagini affidate a studi legali terzi, strizza l’occhio ai progressisti. Come dire, l’episcopato non lascia lavarare l’auto sporca da altri, non si fida, fa da solo, ma si avvale di collaborazioni esterne per perfezionare un lavoro di pulizia non più rimandabile e che non può lasciare aloni.

In pratica il rapporto si concentrerà su due fronti d’indagine. Il primo riguarderà le attività di prevenzione e le segnalazioni di abusi giunte ai Servizi diocesani anti-pedofilia nel biennio 2020-2021. I dati saranno raccolti e analizzati da un Centro accademico di ricerca in ambito criminologico e vittimologico. Qui sarà decisiva la solerte apertura degli archivi delle Chiese locali. Al contempo, in virtù di un nuovo spazio di collaborazione con la Congregazione per la dottrina della fede – il dicastero vaticano competente per la giurisdizione canonica in tema di pedofilia –, verrà approntata una ricerca per conoscere ed analizzare, in modo quantitativo e qualitativo, i dati raccolti dallo stesso organismo nel ventennio 2000-2020. Sempre con l’ausilio di ricercatori terzi. Proprio il lasso di tempo così breve – tra l’altro quello in cui, prima con Wojtyla e poi soprattutto con Benedetto XVI e Bergoglio la Chiesa ha iniziato a correre ai ripari, dall’inasprimento delle pene all’obbligo di denuncia – ha addensato ombre sull’operazione trasparenza. "Non vogliamo coprire nessuno – ha fatto quadrato Zuppi ieri nella sua prima conferenza stampa da presidente –, la nostra prioriità resta la tutela delle vittime. Ma intendiamo fare riferimento a casi risalenti a un altro contesto sociale, diverso dall’oggi. Non ci interessa solo l’aspetto quantitativo, cerchiamo anche quello qualitativo del fenomeno. Vogliamo fare un lavoro serio che non sia solo diritto. Troppo ius rischia di diventare iniuria". La svolta della Cei include anche il potenziamento dei Servizi diocesani per la tutela dei minori e dei centri d’ascolto per la raccolta delle segnalazioni. A ciò si aggiunge la decisione di partecipare in maniera permanente all’Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia, istituito presso il ministero della Famiglia.

Impegni, parole e gesti. Come l’inedito invito fatto da Zuppi a Francesco Zanardi, portavoce della Rete L’Abuso che raccoglie le vittime dei preti pedofili. "Vieni, incontriamoci, se avete dei casi che non conosciamo, fateceli sapere. Per noi la prescrizione morale non esiste", ha rotto gli indugi il cardinale rispondendo alle domande serrate dell’attivista mischiato ai cronisti. Anche da qui passa la via dell’ascolto intrapresa da Zuppi. A tutto campo, evidentemente.