Mercoledì 24 Aprile 2024

Il gioco delle parti

La guerra delle spie in corso è solo un segnale di un riposizionamento che coinvolge le superpotenze. La Russia vuole tornare in prima fila dopo essere stata confinata a fanalino di coda, gli Stati Uniti non hanno più voglia di fare gli inutili primi, come sono stati durante la presidenza Obama. Poi c’è la Cina, poi c’è la Gran Bretagna, che si agita per la felicità di Trump, poi c’è il mondo che è uno solo e devono farselo bastare, il che non è facile con gli appetiti che hanno. Poi ci sono gli aspetti tecnici di questa guerra. E da che mondo e mondo le spie muoiono se tradiscono. Che si trovino nel Paese di appartenenza o in quello ospite è solo un dettaglio e non costituisce un problema. I vendicatori sanno dove cercarle. Una volta si tradiva per ideologia e questo oltre che a ispirare John le Carré costituiva un’aurea di nobiltà. Oggi invece lo si fa per soldi, normalmente molti.   Morire con il polonio o con l’agente nervino è solo una variante di quando si moriva con un colpo di pistola col silenziatore. La scienza fa progressi, ma diventa sempre più pericolosa per coloro che non c’entrano niente, chiedere a quell’inglese che si è trovato avvelenato dal nervino solo per aver soccorso l’ex spia russa Sergei Skripal e la figlia. Queste regole un po’ sbrigative se non brutali valgono più o meno per tutti. Per i russi un po’ di più, perché loro sono particolarmente vendicativi e badano al risultato senza troppi scrupoli. Poi ci sono i politici, che sono addetti a fare chiasso. Le espulsioni in massa del personale diplomatico, le assenze dai mondiali di calcio annunciate da Theresa May, le ritorsioni patrimoniali eccetera fanno parte della commedia. La guerra durerà fino a che non verrà trovato un punto di equilibrio. E come tutte le guerre di spie sarà una sporca guerra, ammesso esistano quelle pulite. Poi calerà il silenzio e sarà il segnale che si sono messi d’accordo. Fino al prossimo polonio.