Mercoledì 24 Aprile 2024

Un'ecatombe che nessuno vuole fermare

Dove eravamo rimasti? Più o meno da dove siamo ripartiti. Lamiere contorte, velocità folli, serate di festa bagnate di alcol e sangue, strade rattoppate, segnaletica spesso inadeguata. "Nulla sarà più come prima". Errore. Al pronti e via: potete circolare, il copione sembra essere quello di prima. Di sempre. L’anno scorso si cantò vittoria: i morti stradali (1600 circa ) erano diminuiti di una cinquantina rispetto al 2018. Peccato che tra quelle 50 ci fossero le 43 vittime di Ponte Morandi che non avevano né bevuto, né sgommato: gli era solo mancata la strada sotto le ruote. 

Insomma. Lo spread delle tragedie resta stabile, e se quello del 2020 risulterà addirittura in calo, lo dovremo solo al fatto che ci hanno chiuso in casa per due mesi. Giusto il tempo per accumulare rabbia e frustrazione, voglia di tornare alla normalità, e magari qualcosa in più. Non a caso la movida è ripartita ovunque con un condimento di violenze preoccupanti, e anche per strada l’atmosfera è più da giungla che da ingorgo. Slegati dalla catena, paghiamo la mancanza di allenamento al traffico, e lo scarico di adrenalina repressa per settimane.

E per un motivo o per l’altro abbiamo ricominciato con un ritmo di quattro morti alla volta, bambini (tanti) compresi. Allora, in un Paese che sa a malapena come ripartirà l’estate, che ha seri dubbi su cosa succederà in autunno, è probabile, anzi certo, che la sicurezza stradale venga considerato l’ultimissimo dei problemi. Del resto, per lunghi mesi, quando le strade erano deserte, cioè nel momento perfetto per lavori e manutenzione, si sono fermati pure quasi tutti i cantieri.

Domanda: problemi di distanziamento degli operai in chilometri di asfalto, o di intelligenza delle disposizioni e delle iniziative in materia? La risposta è facoltativa. Ma se le cose stanno così, bisognerà che stavolta, più che mai, facciamo da soli. Bevendo meno, andando più piano, rispettando limiti e divieti, facendo attenzione alle buche e alla segnaletica. Un patto di sopravvivenza, di civiltà, tra noi cittadini automobilisti. Perché almeno qualcosa, almeno i morti, non siano più come prima.