Mercoledì 24 Aprile 2024

Deriva settaria

La febbre della concorrenza leghista sale di giorno in giorno tra i grillini. E spinge il loro attuale capo politico verso una deriva estremista, che, paradossalmente, è l’opposto della rappresentazione (come forza tranquilla e pronta alla mediazione) che lo stesso Luigi Di Maio ha offerto nell’ultima campagna elettorale e, in parte, anche nella fase di formazione del governo giallo-verde. 

Gli esempi della temperatura che cresce e produce mosse, uscite e scelte improvvide e radicalizzate si sono moltiplicati nelle recenti settimane via via che il leader dei 5 Stelle si è sentito sempre più stretto tra la morsa di Matteo Salvini e quella di Alessandro Di Battista

Eppure, proprio un esito di estremismo crescente di questa natura e di tal fatta rischia di innescare e di alimentare una spirale perversa e autolesionista che allontana gli elettori grillini più consapevoli e «moderati» e, semmai, li spinge addirittura verso la Lega o verso il non voto. Prendiamo il caso della Tav e di Torino. È del tutto evidente che l’elezione di Chiara Appendino, come anche il significativo risultato del Movimento alle Politiche, è stato determinato prevalentemente dalla conquista di elettori «mediani» , disillusi dai vecchi partiti, in cerca di una nuova offerta e comunque desiderosi di lanciare un messaggio di scontento alla classe politica d’antan. Ma non è che di colpo, tutti questi elettori, siano diventati No-Tav, no grandi-opere, favorevoli alla decrescita felice e ad altre amenità del grillismo duro e puro, ma soprattutto settario e «infantile». Talché è legittimo immaginare che, di fronte alla prima, alla seconda, alla terza scelta radicalizzata e velleitaria questa larga fascia di elettori grillini «in prova» si stia allontanando. 

Lo stesso meccanismo è scattato ed è in atto su almeno altri tre, quattro fronti dell’azione del governo di matrice stellata. È il caso del reddito di cittadinanza che, configurato come sussidio assistenzialista, sta mettendo in fuga una larga fetta dei voti «gialli» al Nord. Ma è anche il caso del cosiddetto decreto Dignità che, con il suo carico di sinistrismo vincolistico, ha avuto il solo effetto di far deprimere il mercato del lavoro. Né è da sottovalutare la rincorsa iper-giustizialista sulla prescrizione o su ambiti annessi e connessi. Insomma, con l’identitarismo fine a se stesso si può fare opposizione, ma per vincere e governare serve il realismo delle mediazioni. Quello che ha incarnato lo stesso Di Maio in campagna elettorale. Salvo buttarlo alle ortiche quando più gli serviva.