Giovedì 25 Aprile 2024

L'amica geniale, Novecento femminista

Qualche settimana fa Elena Ferrante, nella sua rubrica del sabato sul “Guardian”, ha raccontato i tormenti del lavoro di sceneggiatrice «inesperta» per la trasposizione tv dell’Amica geniale. «La prima impressione è traumatica, un momento terribile: ho lavorato sulla quadrilogia per anni, e ora tutto sembra impoverirsi, luoghi, eventi, personaggi.  Una piazza cittadina descritta minuziosamente è ridotta nella sceneggiatura al semplice nome comune: piazza. Un evento a cui ho dedicato molte pagine si riduce, diventa una scena. I personaggi diventano nomi, le azioni sono abbreviate, come lo sono le battute di dialogo. Spogliato, il romanzo appare improvvisamente allo scrittore come un trucco di parole letterarie, una truffa, da vergognarsi. La storia, in questa forma riassuntiva, è banale. La densità che pensavo di aver raggiunto è svanita. Verrebbe voglia di dirsi: lascia perdere, il mio romanzo non può essere adattato. Ma poi, a poco a poco...».    A poco a poco succede che l’Amica geniale tv si riveli – almeno nei primi due episodi appena trasmessi su Raiuno – non già la temuta invasione di un libro così amato, ma una rispettosa e intensa evocazione, quasi a dargli un’altra vita. La regia di Costanzo non distrugge i chiaroscuri emotivi delle pagine, le immagini del film non si saturano di scenari o colori “altri” e disturbanti rispetto a quelli che vivevano già nella mente del lettore, che possono così continuare a esistere. «Poi, a poco a poco, ci si abitua a scrivere per lo schermo – continua la Ferrante –; è un tipo di scrittura funzionale, che prepara il salto dal romanzo alla nuova opera: il film. Mi calmo: il mio libro sta ancora bene (...) e rimarrà lì, imperturbabile, mentre il film si avvicina sempre più a una delle sue possibili incarnazioni».

Nel film televisivo (o semplicemente film lungo, come accade oggi) l’incarnazione del libro della Ferrante è un’opera al contempo raffinata e popolare, in bilico tra citazioni neorealiste e lo stile da Emmy (“Olive Kitteridge”) Hbo. Un Novecento dei nostri anni tv in cui al posto di Olmo e Alfredo e dei fascisti e dei comunisti, ci sono queste due ragazze, Lila e Lenù, protofemministe in un mondo di maschi ignoranti e violenti, ragazze che affidano non solo alla genialità “naturale” ma anche alla genialità costruita con studio e dolore, il proprio riscatto politico e sociale. E il libro, come dice la Ferrante, resta lì: scrittura che contiene una voce, senza artificio, da leggere e rileggere, di madre in figlia, di padre in figlio, perché racconta la nostra recente storia d’Italia e la nostra vita. Spiega la vita. E forse addirittura la trasforma.