Venerdì 26 Aprile 2024

Giro d'Italia 2017, annunciato il percorso

Via dalla Sardegna, arrivo a Milano, quattro arrivi in salita, altri due tapponi di montagna fra cui una con Mortirolo e Stelvio, e due crono per un totale di 68 km: un menu che strizza l'occhio anche a Froome.

Chi si aggiudicherà il Trofeo Senza Fine 2017? (Ansa)

Chi si aggiudicherà il Trofeo Senza Fine 2017? (Ansa)

Milano, 25 ottobre 2016 - Come un piccolo, grande segreto di Pulcinella, questo pomeriggio Rcs ha alzato il sipario sul percorso del Giro d'Italia 2017 che era già stato svelato con ventiquattro ore di anticipo, ieri, dal giornalista Michele Bufalino e dalla redazione di Cicloweb. Un disegno all'altezza di un'edizione importante come la prossima, la centesima nella storia della corsa rosa, e del quale già da tempo si sapeva che la partenza sarebbe avvenuta dalla Sardegna, terra di Fabio Aru, con tre tappe in linea: la prima da Alghero a Olbia, la seconda - e più impegnativa del trittico - da Olbia a Tortolì, e la terza da Tortolì a Cagliari. Le 18 frazioni successive confermano i rumors che volevano un percorso tutto italiano e con grande spazio al sud. La ripartenza dopo il primo giorno di riposo arriverà infatti dalla Sicilia, per una quarta tappa che coinciderà già con il primo arrivo in salita: da Cefalù al Rifugio Sapienza, sull'Etna, su cui il Giro tornerà a sei anni di distanza dallo show con cui Alberto Contador mise già una seria ipoteca alla conquista della sua seconda maglia rosa, nel 2011, poi revocata dalla giustizia sportiva per la ben nota positività al clenbuterolo al Tour de France dell'anno precedente. Rispetto a quel giorno, però, la scalata al vulcano sarà preceduta da quella altrettanto impegnativa verso i 1524 metri di Portella-Femmina Morta, gpm posto in cima ad una salita di oltre 30 km dalle pendenze non impossibili, certo, ma di una lunghezza tale da poter già mietere le prime vittime a sorpresa, arrivando così presto nell'economia di una corsa di tre settimane. Il secondo atto in terra siciliana, da Pedara a Messina, sarà invece faccenda da velocisti nonostante qualche saliscendi iniziale. Passato lo Stretto, la corsa sbarcherà in contintente per la Reggio Calabria-Terme Luigiane, con un finale tecnico che chiamerà allo scoperto gli scattisti veloci: qui, nell'ultimo precedente datato 2003, si impose un pimpantissimo Stefano Garzelli davanti a Casagrande e ad un Petacchi in maglia rosa. Dalla Calabria alla Puglia nella Castrovillari-Alberobello, ancora per velocisti, mentre la successiva Molfetta-Peschici presenterà nel finale un'altra rampa ben nota ai girini, dato che nella principale cittadina del Gargano il Giro è già arrivato tre volte negli anni duemila, con i successi di un giovanissimo Di Luca nell'anno del Giubileo, di Pellizotti nel 2006 e di Priamo nel 2008. Classico, è anche l'arrivo sul Blockhaus, secondo traguardo in salita del Giro 2017 che sarà scalato per la settima volta nella storia della corsa: e i precedenti sono di gran lusso, dato che l'elenco dei vincitori è aperto da tale Eddy Merckx nel 1967, e arricchito dai nomi di Bitossi, Fuente, Argentin, Basso e, ancora, Pellizotti, primo nella tappa sprint di appena 83 km affrontata nel 2009. Successo poi revocato al Delfino di Bibione, travolto in quegli anni da una squalifica per irregolarità nel proprio Passaporto biologico, ed assegnato ex post ad un altro corridore già incontrato in questa nostra carrelata tra passato e futuro del Giro, vale a dire Stefano Garzelli. Dopo il Blockhaus, secondo giorno di riposo e trasferimento in Umbria per un'altra tappa chiave, la cronometro vallonata di 39 km tra Foligno e Montefalco ad aprire la seconda settimana. La Toscana, culla del ciclismo e tra le regioni storicamente più percorse dal Giro, nel 2017 sarà appena sfiorata ma si tratterà comunque di un passaggio significativo: la partenza da Ponte a Ema, oggi sobborgo di Firenze, ma 102 anni fa piccolo paesino della campagna fiorentina che diede i natali al grande Gino Bartali. Da qui, la carovana si muoverà alla volta di Bagno di Romagna dopo aver valicato ben quattro colli in quella che è la più classica delle tappe appenniniche: Passo della Consuma, Passo della Calla, Sella di Raggio e Monte Fumaiolo i gpm di questa frazione tra Toscana, Emilia e Romagna. Da Forlì a Reggio Emilia, con la storica scalata del Valico Appenninico che fino a qualche mese fa ospitava l'unico collegamento autostradale (sulla A1) tra Emilia Romagna e Toscana, e ancora, dalla Città del Tricolore a Tortona, due occasioni in fila per i velocisti, prima dell'omaggio ad altri due grandi campioni del nostro ciclismo, accomunati dalle sedi di partenza ed arrivo della 14ª tappa: il paese natale di Fausto Coppi, Castellania, ed il Santuario sulla cui salita Marco Pantani si produsse in una delle sue imprese più belle, Oropa. Anche questo è ormai arrivo classico del Giro: qui si impose il sanguigno Vito Taccone nel 1963 e qui, trent'anni dopo, alzò le braccia al cielo Massimo Ghirotto nel giorno in cui, alle sue spalle, il cosacco Ugrumov quasi riusciva nell'impresa di rovinare il bis in maglia rosa di Miguel Indurain. Poi vennero, appunto, la grande remuntada del Pirata nel 1999 - appiedato da un problema tecnico all'inizio dalla salita che lo costrinse a saltare, uno ad uno, l'intero gruppo - la cronoscalata vinta dall'eterno gregario Marzio Bruseghin nel 2007 e la bella vittoria, nel 2014, di quel talento ancora non del tutto esploso che risponde al nome di Enrico Battaglin. La seconda settimana si conclude a Bergamo, città che appena poche settimane fa ha salutato la prima vittoria di un colombiano in una grande classica - Esteban Chaves al Lombardia -, e che sarà per l'ottava volta arrivo del Giro: la prima addirittura nel 1912 (e i libri di storia ci dicono che la vittoria andò a Vincenzo Borgarello), l'ultima nel 2009, il giorno del trionfo solitario del bielorusso Kanstantin Siutsou ma, anche, dello spaventoso volo di Pedro Horrillo giù dalla discesa dal Culmine di San Pietro che segnò la fine della carriera del corridore spagnolo. In mezzo, tra gli altri, gli arrivi a braccia alzate di Felice Gimondi nel 1976, Beppe Saronni nel 1983 e del solito Stefano Garzelli nel 2007. E tra un amarcord e l'altro, eccoci alla terza settimana. Come sempre, la più attesa e la più dura, perché è quella delle grandi montagne. Si inizia subito con una frazione a dir poco interessante: 227 km da Rovetta a Bormio con un menù che recita, in successione, Passo del Mortirolo, Passo dello Stelvio (Cima Coppi) e Giogo di Santa Maria o, per dirla alla tedesca, Umbrailpass. Si tratta infatti di un colle di ben 2502 metri il cui versante in salita, lungo 13,5 km, coinciderà con l'unico sconfinamento di tutto il Giro, in Svizzera. Dalla vetta al traguardo, mancheranno poi una ventina di chilometri, tutti in discesa. Se non è la tappa più dura della storia del Giro, con più di 20 km di salita oltre i 2000 metri di altitudine, poco ci manca. Quella che vi abbiamo appena presentato è, senza dubbio, la tappa regina del Giro 2017, eppure la strada per arrivare a Milano sarà ancora lunga, a cominciare dalla Tirano-Canazei che, con l'accoppiata Aprica-Tonale nella prima parte e una seconda metà tutta in leggera ma continua salita, strizza decisamente l'occhio a quanti avranno ancora la forza per andare all'attacco da lontano. I big, invece, torneranno a darsi battaglia nel tre giorni succesivi, che presentano altrettante frazioni di alta montagna: alla Moena-Ortisei manca davvero poco per fregiarsi, a sua volta, del titolo di tappone riconosciuto alla Rovetta-Bormio. Siamo infatti sulle Dolomiti, e salite come Pordoi, Valparola e Gardena, per storia e fascino, non possono mai mancare in un Giro che si rispetti. Ma dal punto di vista tecnico, nessuna di queste vale un Mortirolo o uno Stelvio, né lo vale il successivo, e breve, Passo di Pinei. Attenzione, però, all'ultima difficoltà di giornata: la salita di Pontives misura poco meno di 10 km e ha una pendenza media che sfiora il 7%, ma nella seconda parte le pendenze superano spesso il 10% e arrivano ad impennarsi fino al 14%: dal gran premio della montagna all'arrivo, poi, mancano solo 4 km che, sia pure di falsopiano, tendono comunque a salire fin sul traguardo. È esattamente lo stesso finale della Mezzocorona-Ortisei del 2005, che vide Paolo Savoldelli sfilare la maglia rosa a Ivan Basso, con il varesino che perse più di un minuto dal Falco bergamasco e, all'indomani, sarebbe uscito definitivamente di classifica a causa della celebre cotta patita sullo Stelvio. Entrambe quelle tappe, per la cronaca, se le aggiudicò il colombiano Ivan Parra. Torniamo all'oggi ma sempre con un piede all'ieri, perché anche la successiva San Candido-Piancavallo ci fa tornare alla mente Marco Pantani, che qui vinse nel 1998 mentre lo svizzero Zulle si vestiva di rosa proprio alla vigilia della cronometro di Trieste in cui sembrò avere ipotecato la corsa. La storia, poi, ci ha detto che le cose andarono diversamente. Così come non è detto che la storia del Giro 2017 sia già scritta quando la carovana tornerà quassù, sulle montagne friulane, perché all'indomani sarà ancora salita: da Pordenone ad Asiago passando, soprattutto, per il severo Monte Grappa che in anni recenti è stato fucina di giovani. Nel 2010, l'attacco in discesa di un giovane Nibali, vincitore sul traguardo di Asolo; e nel 2014, la cronoscalata che consacrò Nairo Quintana in quella che è stata la prima grande gara a tappe vinta dal colombiano, ripetutosi il mese scorso alla Vuelta. Per arrivare ad Asiago, dopo il Grappa, mancherà ancora la salita di Foza, il cui gpm è collocato a 15 km dall'arrivo, tutti in falsopiano. Per vincere il Giro, invece, mancheranno ancora 28 km: a cronometro, dall'autodromo di Monza al Duomo di Milano per un epilogo contro il tempo il cui ultimo precedente risale al 2012. Allora fu storia di un canadese contro uno spagnolo, con Ryder Hesjedal a beffare Purito Rodríguez per la miseria di 16". La prossima primavera, perché no, potrebbe essere battaglia sul filo dei secondi tra un italiano e un... anglokenyano. Se infatti Fabio Aru, dopo la batosta patita all'ultimo Tour, ha già fatto sapere che il prossimo anno punterà proprio a Giro e Vuelta - e d'altra parte, non potrebbe essere altimenti, dato che il Cavaliere dei Quattro Mori avrà l'occasione più unica che rara di partire dalla propria isola - chi potrebbe essere invogliato a cambiare i propri piani è Chris Froome. Il britannico, vincitore di tre degli ultimi quattro Tour, ha sempre puntato le sue fiche sulla Grande Boucle e le sue ultime dichiarazioni lasciavano intendere che nulla sarebbe cambiato, nei suoi piani, nemmeno l'anno prossimo. Però il percorso della Grande Boucle annunciato la settimana scorsa è il peggiore possibile per un corridore come il leader della Sky: appena 36 km a cronometro - fra l'altro, spezzati in due prove all'inizio e alla fine delle tre settimane, che ne riducono ulteriormente il peso specifico - soli tre arrivi in salita e tante tappe che invece incoraggiano a provarci da lontano. E sappiamo che spesso, la Sky, in giornate del genere è andata in bambola, basti pensare a quanto successo ad Aramón Formigal all'ultima Vuelta. Con i suoi quattro arrivi in quota, le tante tappe di montagna e, soprattutto, i suoi 67,2 km a cronometro sui 3572 totali, il Giro d'Italia offre invece un percorso decisamente più equilibrato e regolare. E che Froome abbia gradito appare, in tutta la sua evidenza, a giudicare dal tweet con cui ieri pomeriggio ha commentato le indiscrezioni emerse sul conto della corsa rosa. Poi per carità, da qui a maggio la ragione di stato finirà col prevalere sui sentimenti, e la Sky convincerà il proprio capitano a rimanere concentrato sulla maglia gialla. Ma adesso, con tutto un inverno senza gare ad attenderci, lasciateci cullare il sogno di vedere Froome anche al Giro, a dar battaglia ad Aru, al campione uscente Vincenzo Nibali, alla bella rivelazione del 2016 Esteban Chaves e allo sfortunato Steven Kruijswijk, che siamo certi tornerà per vendicarsi dello scivolone dal Colle dell'Agnello che gli è costato una vittoria a quel punto quasi sicura. E in fondo, con o senza Froome, gli ingredienti per assistere ad un gran bel Giro numero cento ci sono tutti.