Mercoledì 24 Aprile 2024

Aperitivi new age dal Rosè al Passito

Luca Bonacini

Luca Bonacini

I DATI dell’ultimo anno parlano chiaro, l’Italia è il primo produttore al mondo di bollicine, con una quota del 20%, pari a 540 milioni di euro di vini sparkling. Al vertice dei consumi in Italia, ci sono i vini spumanti e i vini bianchi Dop, in calo gli Igp, i vini fermi e i vini da tavola, e mentre tengono i vini che dichiarano il nome del vitigno in etichetta, crescono del 7,1% i consumi degli spumanti-bollicine, con un aumento del fatturato del 9%. Vino sì, ma non solo a tavola. Il momento dell’aperitivo si conferma cruciale, quasi un inno alla gioia e al desiderio di prenderci un po’ di tempo per noi, gustando un buon bicchiere, con amici e colleghi. Il vino a banco, tiene la posizione in luogo dei cocktail, che pur vivono un nuovo rinascimento, e si conferma protagonista di un momento conviviale, di cui non abusare, bevendo meglio. Nella produzione italica, non mancano le etichette di pregio, e c’è l’imbarazzo della scelta. Dopo aver deciso il locale giusto, ordiniamo con attenzione il nostro bicchiere, affidiamoci all’oste, all’enotecario, al barman, quasi sempre un ottimo narratore, che ci consiglierà il miglior calice, e ci saprà raccontare il vino. Ma chiediamogli che sia del territorio e scopriremo piccoli produttori sconosciuti. Se ci verrà voglia di bollicine, potremmo ordinare il Rosè di Cantina della Volta del visionario Christian Bellei, un metodo classico con uve lambrusco, fresco, elegante, fruttato, che piacque anche al presidente francese Hollande, durante una cena, all’Osteria Francescana; oppure optiamo per il Diamant Pas Dosè di Villa di Franciacorta, Chardonnay e Pinot Nero, 6 mesi in barrique e 66 mesi sui lieviti; o ancora, lasciamoci inebriare dal Rifermentato naturale in bottiglia di Poggio alle Grazie (Castelnuovo del Garda-Verona), a base di Cortese e Garganega passita, lavorate, senza solfiti. Se viceversa amiamo i vini fermi, andremo in Alto Adige con il Seppelaia, della tenuta Eichenstein, a Marlengo (Bz), uno dei vini preferiti dal maestro Pavarotti quando era ospite al vicino hotel Romantik Oberwirt, oppure nelle Cinque Terre, dove c’è il Lop Garò, la perla enoica, di Stefano Legnani, un vino coraggioso e “naturale”, vendemmiato tardivamente selezionando i grappoli uno a uno. Se poi fossimo estimatori di vini da meditazione, allora non rimane che assaggiare il Moncaro Tordiruta, Verdicchio Passito, (straordinario anche in beata solitudine), una delizia marchigiana somministrata in dicembre a Stoccolma, durante il dinner dei Nobel.