Venerdì 26 Aprile 2024

L'INTERVISTA Renzi: "Jobs Act e statali, round in Parlamento"

Il premier: "Siamo solo all'inizio. La Cgil si giustifichi col Paese. Prodi al Colle? Non partecipo al totonomi, ma guai a bruciare uno come lui

Matteo Renzi (Ansa)

Matteo Renzi (Ansa)

Roma, 28 dicembre 2014 - PRESIDENTE Renzi, cominciamo da una questione ad alto valore simbolico da cui deriva la credibilità dello Stato italiano nel mondo: i due marò. C’è una trattativa «politica» con l’India e a che punto è?

"Abbiamo ereditato una situazione diplomatica e giudiziaria difficilissima, frutto di una serie di errori impressionanti. Oggi lavoriamo con il governo indiano, che è il governo di un grande Paese ricco di storia, amico e alleato dell’Italia, per trovare una soluzione. Ogni parola in più sarebbe di troppo. La mia non è reticenza, Direttore, ma senso di responsabilità".

Passiamo allora al Jobs Act: è vero che il ministro Poletti ha mal digerito le norme che sui contratti a termine contraddicono la sua riforma? "Il Jobs Act sono le leggi in materia di lavoro, innovative e capaci di dare più libertà agli imprenditori, ma anche assicurare più tutele a tutti i lavoratori. Ma il Jobs Act è anche la diminuzione delle tasse partendo da Irap e 80 euro, è la soluzione alle tante crisi aziendali con l’ultima, Meridiana, chiusa proprio oggi (ieri, per chi legge, ndr), è la lotta alla burocrazia e per una giustizia civile più efficiente. Queste cose abbiamo promesso, queste cose stiamo facendo. Non pretendo che chi per professione si lamenta, improvvisamente cambi mestiere: mi basta che non alteri la realtà. È in atto una rivoluzione copernicana e siamo solo agli inizi. Niente sarà più come prima in Italia. Ce ne daranno atto anche i più critici, vedrà".

Gli statali saranno licenziabili o no? "Sarà il Parlamento a pronunciarsi su questo punto, sollevato da Ichino. Esiste giurisprudenza nell’uno e nell’altro senso. Ma non sarà il governo a decidere. A febbraio, quando il provvedimento sul pubblico impiego firmato da Marianna Madia verrà discusso in Parlamento, saranno le Camere a scegliere. Non mancherà il dibattito, certo".

La Cgil si dice "pronta a tutto" per bloccare la riforma... "Ho il massimo rispetto per il sindacato, e lo dico senza polemiche né ipocrisie o ironie. Ma non sono il tipo che si lascia impressionare dalle minacce. Meno che mai della Cgil. Che ha manifestato, scioperato, e avversato in ogni modo le nostre riforme. Se ha altri modi per dire no, lo spiegherà di fronte al Paese, ci trova al solito posto, a Palazzo Chigi a provare a cambiare l’Italia".

Che effetti si aspetta sull’occupazione e in quali tempi? "I primi effetti si vedranno già dal 2015, ne sono convinto, a condizione però di non mollare e continuare sulla strada delle riforme".

La nomina di Boeri alla presidenza Inps presuppone un nuovo intervento sulle pensioni? "No, presuppone il fatto che questo governo non chiama gli amici, ma le persone più stimate e apprezzate, anche se hanno opinioni e giudizi spesso critici nei nostri confronti. Boeri è un economista intelligente, che sono sicuro farà un grande lavoro all’Inps".

Quirinale: tre caratteristiche che il nuovo capo dello Stato dovrà necessariamente avere. "Non mi presto al gioco dell’Indovina chi sul Quirinale. Dove c’è un uomo, Giorgio Napolitano, al quale tutti quanti gli italiani devono riconoscenza e rispetto per come ha interpretato in tutti questi anni la sua responsabilità alla guida dello Stato".

Presidente, la trovo insolitamente prudente. Ci dice almeno se pensa a un politico o a un ‘tecnico’? "Veda sopra, Direttore. Penso solo che per il Quirinale sia sempre importante che si arrivi a un nome in grado di unire, di trovare la più ampia condivisione possibile tra le forze politiche e nel Paese".

Le risulta che il veto di Berlusconi su Prodi stia cadendo? "Non mi occupo dei veti di questo o quel partito. Se e quando sarà il momento saranno i Grandi elettori a verificare la capacità di trovare consenso di questo o quel nome. Gettare nomi importanti come quello di Romano Prodi nel tritacarne dei retroscena serve solo ad alimentare una chiacchiera che non accenna a diminuire nei mesi che ci attendono".

La partita per il Quirinale è intrecciata a quella per l’Italicum. E’ disposto a scrivere che la nuova legge elettorale non entrerà in vigore prima del 2016? "Non abbiamo problemi a scrivere nero su bianco che la data di entrata in vigore della legge elettorale non sarà immediata. Noi non torneremo a votare fino a febbraio 2018. Ma prima di parlare di quella clausola – su cui siamo disponibili – voglio vedere il testo finale della legge. Abbiamo chiuso un accordo sull’Italicum 2.0 e a me pare un’ottima legge elettorale. Si voti la legge elettorale subito e non avremo problemi a inserire la clausola sui tempi di entrata in vigore".

Sul fronte politico interno lei si sta muovendo con efficacia, ma il destino dell’Italia si giocherà a Bruxelles. Se la sente di escludere la necessità di una manovra aggiuntiva entro marzo? "Non c’è nessuna manovra in vista. Noi siamo il governo che quando è intervenuto lo ha fatto abbassando le tasse o bloccando gli aumenti decisi da altri. Certo l’Europa è a un bivio: o punta sulla crescita e sugli investimenti o rinuncia alle proprie ambizioni nello scacchiere globale. Cambiare paradigma economico serve all’Italia, certo. Ma paradossalmente serve di più all’Europa. Nel 2015 devono arrivare i fatti, altrimenti l’Europa intera sarà tagliata fuori dal mondo che conta".

L’economia americana ha ripreso a tirare, quella europea ristagna e la Germania non deflette dall’applicazione rigida dei trattati. Come se ne esce? "Se ne esce con più flessibilità e più crescita. Non è la nostra battaglia, deve essere la battaglia di tutta l’Europa. Conti in ordine, certo, ma scelte strategiche, investimenti, crescita. Obama ha fatto così in America, si pensi a come ha lavorato sulla Chrysler ad esempio, o al fuoco sulla manifattura e sulla industria. È la stessa ragione per cui al dibattito teorico sul lavoro preferisco parlare con il linguaggio delle crisi industriali che stiamo risolvendo: da Termini Imerese Meridiana, da Gela a Electrolux, da Terni a Moby, su cui ci stiamo concentrando in queste ore".

Su Putin vige un gran conformismo; vogliamo dire che le sanzioni danneggiano l’Italia più della Russia e andrebbero sospese? "Ho detto in tempi non sospetti a livello internazionale che ritenevo un controsenso porre nuove sanzioni mentre si chiedeva il cessate il fuoco. Ma facciamo parte del G7, siamo un grande Paese con grandi responsabilità, non è mancato e non mancherà il nostro contributo nella comunità internazionale. Penso tuttavia che, a fianco alla doverosa uscita dall’Ucraina delle milizie filorusse e del passo indietro della Russia rispetto alla integrità territoriale ucraina, vada anche il recupero della Russia sulla scena globale, dove crisi come quella siriana, e non solo, richiedono il ritorno di quel Paese nel gruppo di testa, e non un rancoroso isolamento che danneggia tutti quanti, Russia in testa".