Mercoledì 24 Aprile 2024

Colle, la minoranza apre a Veltroni. "È l’uomo giusto per unire tutti"

L’identikit fatto dal leader rassicura i critici. Padoan seconda scelta

Walter Veltroni (LaPresse)

Walter Veltroni (LaPresse)

Roma, 27 gennaio 2015 - "Un politico. Di alto profilo. E che appartenga alla nostra storia, del Pd". A parlare così sono alcuni, importanti, esponenti dem. L’identikit corrisponde a un solo nome: quello di Walter Veltroni. Un nome ritenuto ‘autorevole’, ‘non divisivo’, capace di ‘entrare in sintonia’ con il ‘Paese’. E infine, capace di ottenere attenzione e consenso ‘anche’ dal centrodestra. Il premier e segretario del Pd, in realtà, ancora nicchia, sull’argomento, i suoi ripetono che "è presto per fare nomi" e, addirittura, fanno capire che "il nome del candidato, un nome secco, non certo una rosa da cui poi, magari, Berlusconi sceglie quello che più gli aggrada", verrà proposto solo la mattina di sabato, e cioè all’alba della IV votazione, quando basta la maggioranza assoluta e non nelle prime tre, quando servono i 2/3. A Renzi piacerebbe ancora promuovere Pier Carlo Padoan, per liberare la casella dell’Economia, e dare vita a un mega-rimpasto di governo. O, in subordine, il fedelissimo, Delrio. Ma Renzi sa che, con la minoranza, con questi nomi, non si passa. E sia Bersani che D’Alema, se proprio devono scegliere, preferiscono un ‘amico-nemico’ ma della loro stessa filiera, la ‘Ditta’. Ecco, dunque, il perché del sì a Veltroni.

"Molto meglio lui di Fassino", dicono tanti a taccuini chiusi, "anche per puri fatti caratteriali…". La minoranza spera che ‘Vuolter’ si trasformi da ‘buonista’ in ‘tosto’, che il ‘tenero’ Walter tiri fuori le unghie, tolga spazio a Renzi. anche sui media e nell’immaginario popolare, che li aiuti nella rivincita, anche nel partito. Ecco perché, ieri, tranne Zoggia, le dichiarazioni erano tutte improntate al cauto ottimismo.

La linea Maginot della minoranza è diventata una sola: "unire il Pd", "trovare una soluzione condivisa" e "un nome autonomo" è il refrain dei vari esponenti della minoranza, Stefano Fassina compreso ("Dobbiamo cercare l’interlocuzione con FI"). Senza correr dietro a Civati, Sel e tantomeno ai grillini, neppure con Prodi. Al massimo, come dice Bersani, che ancora aspetta di vedere Renzi a tu per tu, «impedire che sia ‘solo’ il premier a scegliere il Capo dello Stato». Tutti validi motivi per cui Renzi ancora tentenna, sul nome di Veltroni, ma – dicono sempre i suoi come diversi veltroniani – "stavolta è quasi fatta". "‘Matteo’ – concordano – vuole un nome che sancisca la pax interna e che gli permetta di durare al governo, magari anche e davvero fino al 2018". Una cosa è certa: il nome di Giuliano Amato, la prima scelta di Bersani come di D’Alema (oltre che di Berlusconi…), non è più in pista, quello di Mattarella, pur stimato da tutti, non fa impazzire nessuno e ha il veto del Cav e quello di Anna Finocchiaro è troppo targato dalla sua storia ex-Ds.

E così è un Matteo Renzi in versione buonista quello che ha partecipato, ieri, prima all’assemblea con i deputati del Pd e poi a quella con i senatori. Il premier non lancia anatemi ai ‘franchi tiratori’, anzi, ne tesse quasi il pubblico elogio: "difendo il diritto al dissenso", dice. E poi: "Non vi chiedo di essere fedeli, ma di essere responsabili". Traduzione di molti: "ci ha fatto capire che se obbediamo agli ordini di scuderia bene, altrimenti ci porta dritti al voto". "Il presidente non si fa contro qualcuno, nemmeno contro il patto del Nazareno, ma con chi ci sta", chiosa Renzi. La minoranza dem ‘ci sta’, su Veltroni, Berlusconi pure. Forse è ‘quasi’ fatta.