Mercoledì 24 Aprile 2024

Voucher, tiro sul governo. No anche dalla sinistra Pd

Renzi nega imboscate: piena sintonia con Gentiloni

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando (Ansa)

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando (Ansa)

Roma, 27 maggio 2017 - È STATA una giornata al calor bianco, quella passata ieri – tra governo, maggioranza, Pd, Mdp pronta a uscirne e Cgil – sul tema dei voucher, cioè in pratica la reintroduzione dei buoni lavoro sia per le famiglie sia per le piccole imprese. Tanto che l’emendamento contestato è stato depositato soltanto ieri sera tardi in commissione Bilancio. Il leader del Pd, Renzi, innanzitutto: non ci sta a passare per chi vuole usare i voucher per segare le gambe al governo. «Gentiloni – spiega ai suoi – mi ha chiesto di dare una mano, dopo aver deciso lui di tirar dritto. Il Pd ha lavorato solo per questo, non certo per sfasciare il governo».  E se il leader dem ha già cerchiato sul calendario due date (il 24 settembre o il 15 ottobre) per le elezioni anticipate, deve prima incassare la nuova legge elettorale. Morale: non è sua intenzione far cadere il governo proprio ora che gli serve. Sullo specifico dei voucher, il Pd era pronto ad assecondare la linea più morbida del governo su una proposta assai circoscritta delle prestazioni di lavoro occasionali, ma ieri il clima si è infuocato. «Il Pd si è assunto l’onere del testo – si sfogavano ieri i renziani – e poi sui giornali dobbiamo leggere di Gentiloni furioso con il Pd perché lo facciamo». I malumori dei renziani si estendono da Gentiloni al ministro Finocchiaro, che pure parla di «piena sintonia Pd-governo».    E MENTRE l’emendamento formulato da Rosato e Lupi, capigruppo di Pd e Ap, scompare e riappare dal testo del relatore Guerra, riscoppia la tensione tra Mdp e governo. Il gruppo degli scissionisti dal Pd ormai ha deciso. Non voterà l’inserimento di alcuna forma di voucher nella manovrina: «Un vulnus democratico, non c’è fiducia che tenga», dice Roberto Speranza. Alla Camera poco male, i voti di Mdp sono ininfluenti, ma al Senato pesano. Se Mdp confermasse il suo no la maggioranza – obbligata l’assoluta su tale legge – si fermerebbe a 160, un voto sotto quota necessaria (161). Almeno i voti di Ala (Verdini), se non quelli di Forza Italia, sarebbero indispensabili per la fiducia e Gentiloni dovrebbe salire al Colle per riferire del cambio di maggioranza.   INTANTO, crepe si aprono anche nel Pd. Gli orlandiani esprimono «perplessità e preoccupazione» tutto il giorno e, a sera, annunciano che non voteranno il testo del relatore con dentro i voucher, «se i voucher resteranno in piedi per le imprese». Certo, gli orlandiani non arriveranno a negare la fiducia al governo, in testa a tutti il presidente della commissione Lavoro, Damiano («sono contrario a inserire norme sul lavoro occasionale per le imprese nella manovrina»), ma anche loro sono sensibili al richiamo della foresta della Cgil. Ieri, la leader del sindacato rosso, Susanna Camusso, ha indetto una manifestazione di protesta, poi ha passato il pomeriggio ad ascoltare il dibattito della commissione Bilancio alla sala Mappamondo della Camera: minaccia di appellarsi prima al Colle e poi alla Consulta.  Il suo giudizio è impietoso: «Siamo di fronte a un gran pasticcio: cambiano il nome, ma la logica è la stessa: svalutare il lavoro e renderlo precario». Per quanto riguarda il testo dell’emendamento sui voucher, bisognerà aspettare stamattina, ma oltre ai buoni famiglia, i buoni lavoro per le microimprese (sotto i 5 dipendenti) saranno confermati: il tetto sarà 5mila euro per un singolo committente, restrizioni per settori come edilizia e appalti.