Mercoledì 24 Aprile 2024

L'errore dei magistrati

I MAGISTRATI operano non solo nel giudiziario, ma anche nel legislativo (come parlamentari e come esperti) e nell’esecutivo. Tutto ciò, fermi alcuni problemi, come quello del rientro in servizio per chi è stato eletto in una collocazione di parte, non è di per sé un male. Avendo diretto per un breve periodo l’ufficio legislativo di un ministero, so quant’è preziosa l’angolatura di chi si trova concretamente ad applicare le norme, un sapere pratico spesso decisivo per comprendere gli effetti delle scelte. Nel caso però di una riforma costituzionale relativa alla parte organizzativa della Costituzione e che non tocca direttamente il giudiziario, qual è il rapporto tra costi e benefici di un forte interventismo dei magistrati e delle loro correnti, in questo caso dentro una dura campagna di ben cinque mesi? In termini di opportunità, non di legittimità: forse molte cose sono e saranno legittime, ma, come notava ieri su ‘La Stampa’ Vladimiro Zagrebelsky, non tutte sono opportune. 

I COSTI sono evidenti già ora: essere percepiti come parte in causa. Speriamo che non se ne aggiungano altri: pensiamo cosa succederebbe se uno dei magistrati più in vista nella campagna dovesse indagare un esponente del Sì alla riforma. Cosa se ne potrebbe pensare, anche se apparisse tutto in regola? Tuttavia, se a questi costi dovessero corrispondere benefici ben motivati, chiunque sarebbe disponibile ad accettarli. Al momento, però, i magistrati intervenuti non sembrano aver portato valore aggiunto allo schieramento del No. Al di là di qualche grave svarione (accusare il Governo di avere messo la fiducia sulla riforma, cosa palesemente errata) hanno ripetuto argomenti già presenti, in modo peraltro meno convincente di altri sostenitori del No: la critica ai nuovi procedimenti legislativi è diventata una critica stilistica al nuovo articolo 70 (analoga a quelle oggi dimenticate che si facevano al testo del 1947); uno slogan di per sé anche giusto («la legalità è superiore alla governabilità») rischia di trasformarsi in una teoria per la quale il potere giudiziario dovrebbe essere superiore agli altri, una sorta di nuova aristocrazia, rispetto ai rischi di irrazionalità e di corruzione legati al suffragio universale. Farebbero meglio quindi a fermarsi in tempo: non sembrano rafforzare il loro schieramento e indeboliscono la loro funzione.