Mercoledì 24 Aprile 2024

Jobs Act, la scommessa di Poletti. "Pubblico e privato, regole comuni"

Il ministro: "Ritocchi sui controlli a distanza. Oggi gli ultimi decreti" di Raffaele Marmo

Il ministro Poletti

Il ministro Poletti

ROMA, 4 SETTEMBRE 2015 - IL JOBS ACT all’ultimo miglio. Oggi il governo dà il via libera ai quattro decreti definitivi su nuova cassa integrazione, Agenzia nazionale per il lavoro, servizi per il lavoro e politiche attive, contratto di ricollocazione, semplificazioni, Agenzia ispettiva. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, superato lo scoglio finale dei controlli a distanza con una soluzione «equilibrata» grazie a «ritocchi», esclude «buchi» nei conti dello Stato per la decontribuzione, confessa di essere stato «furibondo» per l’errore sui dati del ministero del Lavoro, ma tira soddisfatto le prime somme. Non senza un avviso ai naviganti sull’esigenza di «un impianto unico tra lavoro pubblico e privato», rinviando, però, alla legge delega sulla Pa la soluzione della partita. «Portare a termine una riforma complessiva e organica della normativa in materia di lavoro – spiega – ha richiesto un impegno straordinario, dati anche i tempi ristretti in cui l’abbiamo fatto. Si tratta di un intervento normativo articolato e complesso, espressione di una chiara volontà di costruire un mercato del lavoro più efficiente e, allo stesso tempo, più equo e inclusivo».

Quali sono i cambiamenti più innovativi?

«Tra gli aspetti che maggiormente qualificano la riforma ricordo la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e il contrasto alla precarietà, che ha prodotto tanti danni a lavoratori e imprese. Sono obiettivi perseguiti rendendo il contratto a tempo indeterminato economicamente meno costoso e giuridicamente meno incerto, e quindi più appetibile per le imprese rispetto ai contratti precari, ed eliminando le forme contrattuali più precarie ed esposte a un uso ‘irregolare’. Voglio ricordare, ancora, l’estensione degli ammortizzatori sociali a 1.400.000 lavoratori, quelli delle imprese tra 5 e 15 dipendenti; il miglioramento, e l’estensione anche alle lavoratrici autonome, delle misure per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; l’estensione strutturale a due anni della durata della Naspi, sostegno al reddito per i lavoratori che hanno perso il lavoro e il rafforzamento delle politiche attive per aiutarli a trovarne un altro».

Quali sono i limiti o gli elementi sui quali si poteva fare di più?

«Non credo spetti a chi ha concretamente lavorato a costruire il nuovo quadro normativo dire se si sarebbe potuto fare di più e meglio. Saranno gli strumenti di monitoraggio dei risultati che abbiamo previsto (ed è una novità) a dirci, nel tempo, se le nostre scelte sono giuste. E se qualcosa dovesse non funzionare, saremo pronti ad apportare le opportune modifiche».

Oltre al contratto a tutele crescenti, questi mesi sono stati caratterizzati anche dal bonus per le assunzioni a tempo indeterminato: quale dei due strumenti ha inciso maggiormente nel favorire quantomeno la trasformazione dei contratti a termine in contratti stabili?

«Penso che sia la convenienza economica sia la maggiore ‘certezza’ di gestione del rapporto di lavoro abbiano contribuito a spingere le aziende ad adottare il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. E la complessiva stabilizzazione dei rapporti di lavoro produce un mercato del lavoro qualitativamente migliore, con lavoratori le cui aspettative e prospettive di vita cambiano in positivo e possono dare anche una spinta alla ripresa dei consumi. Il nostro obiettivo è proprio quello di far sì che il contratto a tempo indeterminato diventi la modalità ordinaria di assunzione nel nostro Paese».

Il bonus, però, non rischia di provocare un boomerang quando, alla fine dei tre anni, scadrà?

«Intendiamo confermare l’orientamento indicato anche nei prossimi anni, rendendo il contratto a tempo indeterminato strutturalmente meno costoso degli altri».

Come valuta i numeri del lavoro di questi primi mesi?

«Intanto osservo come sia normale che, in coda a una lunga crisi, le imprese, prima di aumentare l’occupazione, facciano rientrare al lavoro gli addetti in cassa integrazione. Gli stessi dati dell’Istat, che registrano incrementi anche significativi, testimoniano di una situazione in miglioramento, ma non ancora stabilizzata. Per il momento, dunque, è bene prendere atto, ovviamente con soddisfazione, dei segnali positivi che si manifestano».

Oltre il Jobs Act che cosa c’è?

«La riforma è un intervento a 360 gradi e credo che ci vorrà un po’ di tempo per maturarne, e spero apprezzarne, a pieno la portata innovativa. Prima di pensare a ulteriori interventi è opportuno aspettare che la riforma dispieghi pienamente i suoi effetti e vedere quali risultati produrrà. La stabilità normativa è un bene prezioso».

di Raffaele Marmo