Mercoledì 24 Aprile 2024

Jobs Act, accordo sui licenziamentiDisciplinari: reintegro in casi limite

Olivia Posani ROMA L'INTESA sul Jobs Act arriva in piena notte. Lo scontro tra governo e Ncd, capitanato dal presidente della commissione lavoro del Senato Maurizio Sacconi, viene ricomposto con una attenta mediazione. E così nel primo pomeriggio l'esecutivo può presentare il suo emendamento alla delega per riformare il mercato del lavoro. Il diritto alla reintegra nel proprio posto sarà limitato ai licenziamenti per motivi discriminatori (razza, opinioni politiche, religione, appartenenza a un sindacato) o nulli (quelli comunicati nei periodi di maternità, ad esempio) e a quelli relativi a «specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato». Per i licenziamenti economici immotivati ci sarà solo «un indennizzo certo e crescente con l'anzianità di servizio». In tutti i casi, sono previsti «termini certi» per impugnare il licenziamento. Nel testo approvato dal Senato ci si limitava a indicare come principio per i decreti delegati la «previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti». Insomma, non venivano mai citate le parole licenziamenti e articolo 18, che ora vengono menzionati in linea con il documento approvato durante la direzione del Pd del 29 settembre. Alla fine tutti spossono esibire un motivo per cantar vittoria. «Quando la cortina fumogena del dibattito ideologico si abbasserà, vedrete che in molti guarderanno al Jobs Act per quello che è: un provvedimento che non toglie diritti, ma toglie solo alibi», scrive Renzi. «La determinazione del governo ad andare avanti è assolutamente ferrea», assicura Padoan. Il governo incassa un via libera sostanziale, tanto che Poletti spiega che il voto di fiducia «è legato solo ai tempi»: il 26 si dovrà chiudere la discussione alla Camera, poi terza lettura al Senato e un minuto dopo l'approvazione della delega l'esecutivo potrà scrivere i decreti delegati. LÌ SI CAPIRÀ quali saranno le fattispecie per i licenziamenti disciplinari che fanno riottenere il posto di lavoro. A quel che si sa il governo ha garantito a Sacconi che saranno individuati pochissimi casi per la reintega: essenzialmente quelli legati a false accuse su reati perseguibili d'ufficio: furto, truffa aggravata, lesioni e via dicendo, togliendo così discrezionalità ai giudici. Ecco perché Sacconi sottolinea: «Hanno vinto i riformisti». Ci sono, riconosce il vice segretario del Pd Guerini, «alcune specificazioni emendative rispetto al testo che è uscito dal Senato. Quell'impianto è stato però confermato». Nonostante questo può gioire anche la minoranza dem. Ha ottenuto che anche per i licenziamenti disciplinari sia previsto il principio della reintegra e che il voto di fiducia non sia posto sul generico testo uscito da Palazzo Madama, ma su quello frutto della discussione in commissione lavoro della Camera. Dice il presidente Damiano: «Siamo partiti dall'idea di mantenere la tutele solo per i licenziamenti discriminatori, siamo arrivati a includere anche i disciplinari. Non era scontato». «Ci siamo sacconizzati», ribatte Civati. «Spero che qualcuno voti contro, come farò io».