Mercoledì 24 Aprile 2024

L’inno d’Italia, il nostro scudo

Impariamo a intonarlo dai campi di calcio ai banchi di scuola

MARSIGLIESE_WEB

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E SE INCOMINCIASSIMO a impararlo sul serio anche noi "Fratelli d’Italia... l’Italia s’è desta...". Già, se incominciassimo a imparare il nostro inno e pure a cantarlo. Sul serio. Con il cuore. Con senso di appartenenza. Tutti assieme. Ricordate la notte di venerdì scorso? Ricordate l’emozione di quella folla che esce ordinatamente dallo Stade de France cantando La Marsigliese? Il coraggio e l’orgoglio. Ci siamo commossi. Anche perché bastava guardarli per capire che mica tutti si chiamavano Dupont (che è come dire Rossi o Bianchi). Figuriamoci. Razze e colori diversi. Come quelli dei giocatori che avevano appena concluso il rito di una partita senza gioia. Ma tutti francesi. E allora "Allons enfants de la Patrie". Bravi, abbiamo gridato. E noi? Perché noi no? Perché l’altra notte qualcuno ha pensato di intonare «Imagine» di John Lennon? Perché non insegnarlo ai bambini l’inno di Mameli, a memoria come una poesia; perché non intonarlo in ogni occasione pubblica, cerimonia, evento sportivo.Ci siamo inventati un inno del campionato di calcio, affidato alla sapienza musicale di Giovanni Allevi. Bene. Non era meglio però usare il vecchio, caro Mameli, che non avrà le sonorità magiche di Verdi o Puccini, ma che oramai è entrato nei nostri cuori? Perché non aprire ogni gara di un campionato italiano, regionale, provinciale o locale, con "l’elmo di Scipio". Pensiamoci. Facciamolo.

UNA LEGGE del 2012 ha proclamato il 17 marzo Giornata dell’unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera in ricordo del 17 marzo 1861, nascita del Regno d’Italia. Il tutto a uso delle scuole per ricordare almeno un giorno all’anno le nostre radici comuni. Ammesso che tutte le scuole lo celebrino come si deve, ovviamente, per non offendere chissà chi, o chissà cosa visto che qualunque bambino sieda su quei banchi è un bambino italiano. Diceva l’altra sera a ‘Porta a Porta’ l’Imam di Firenze e presidente dell’Ucoi, Izzedin Elzir: "Noi non vogliamo che un giorno ci sia un musulmano in un posto di potere, o un cristiano o un ebreo. Vogliamo che ci sia un italiano di fede cristiana, o musulmana o ebraica". Bravo. Un italiano.

È QUESTA idea che può fare da scudo ai terroristi che non si sentono né francesi, né belgi, né europei, ma solo crociati del Califfo e dell’odio. Assassini. Italiani significa difendere e cementare cultura, tradizioni, il proprio inno. Valori da imparare e insegnare, non lasciando il terreno sgombero, incolto, disponibile per la semina di qualunque mala pianta. In Costituzione all’articolo 12 abbiamo la bandiera. Perché non aggiungere Mameli? Ecco una buona riforma che non costa niente presidente Renzi. Il ritorno a quello spirito di patria rianimato da Ciampi dopo decenni quasi di vergogna del tricolore, delle divise, dei simboli del Paese, e un po’ congelato nel settennato di Napolitano.

E SE TIRANO le bombe, noi non dobbiamo rispondere certo solo con i fiori, o con la titubanza di queste ore: colpiamoli, inseguiamoli, staniamoli e distruggiamoli. Ma per fargli capire chi siamo, e soprattutto che non saremo mai come loro, qualunque sia il colore della pelle e qualunque Dio preghiamo dalle Alpi alla Sicilia, cantiamo il nostro inno, mettiamo alle finestre il verde, bianco e rosso del nostro Risorgimento, insegniamo a noi stessi prima, e a chi vive in Italia a essere italiani. E chi non ci sta, prego si accomodi. Questa non è casa sua. Nello stadio insanguinato di Parigi tutti cantavano La Marsigliese. Chapeau. Allora, in alto i cuori, fuori le bandiere e il nostro inno. Magari noi capiremo che è l’ora dell’orgoglio. E loro capiranno che questa volta "l’Italia s’è desta".