Giovedì 25 Aprile 2024

Fermo, autopsia sul nigeriano ucciso: fatale la caduta

Solo un pugno al volto. E l'ultrà in cella ha ferite compatibili con la colluttazione Minacce e insulti alla testimone: "Vivo un incubo"

Emmanuel sul marciapiede sorretto da amici. In primo piano Amedeo Mancini (Ansa)

Emmanuel sul marciapiede sorretto da amici. In primo piano Amedeo Mancini (Ansa)

L’ESAME è stato disposto dal sostituto procuratore di Fermo, Francesca Perlini, per stabilire la veridicità di quanto affermato dal 39enne e dai testimoni che hanno assistito alla tragedia, secondo cui Mancini avrebbe solo reagito ad un pestaggio messo in atto da Namdi e sua moglie. Ad eseguire l’ispezione è stato lo stesso staff che ha effettuato l’esame autoptico. Sul corpo di Mancini è stato riscontrato un ematoma diffuso al costato, provocato quasi certamente dal palo della segnaletica utilizzato per la presunta aggressione, i segni di un morso e altri lividi, concentrati soprattutto sulle braccia, compatibili con un tentativo di difesa. Un esame, questo, che potrebbe ulteriormente ribaltare l’accusa mossa a Mancini, secondo cui il 39enne sarebbe stato l’autore di un violento pestaggio a sangue freddo, servendosi prima di un palo della segnaletica stradale e poi a calci e pugni. Un’ipotesi che vacilla sempre più perché ci sono due testimoni chiave che confermano la versione fornita da Mancini e dall’amico che si trovava con lui al momento della tragedia. Una ricostruzione che parla di una reazione brutale da parte della coppia di nigeriani a presunti insulti razzisti e del pugno sferrato dall’ultrà per difendersi.

ULTERIORI conferme arrivano anche dai due agenti della municipale ascoltati dalla polizia giudiziaria. I vigili sostengono di aver visto al loro arrivo la rissa in corso e il nigeriano che caracollava a terra qualche minuto dopo sotto i loro occhi, senza aver subito un colpo. Entrambi hanno raccontato di aver visto il cartello stradale removibile gettato in mezzo alla strada e una lite tra la coppia nigeriana e due ragazzi italiani. Uno dei due ha spiegato agli inquirenti di aver cercato di sedare gli animi. Il vigile ha poi raccontato che Mancini gli ha mostrato i segni sul corpo delle percosse ricevute a suo dire dal nigeriano, facendogli vedere un trauma al costato piuttosto marcato. Poi ha aggiunto che la moglie della vittima, che non parlava italiano, ha accusato in qualche modo l’ultrà di averle detto scimmia. Durante questa fase concitata, il marito è rimasto in silenzio. Gli agenti della polizia municipale hanno poi confermato la versione di altri testimoni, secondo cui il 36enne nigeriano, che si trovava in piedi vicino a loro, senza mostrare alcun segno di malessere, sia caduto improvvisamente all’indietro. Entrambi hanno ribadito che in quel momento l’uomo non ha ricevuto alcun colpo. Uno di loro ha anzi spiegato che il rifugiato politico era ancora in piedi e cosciente al termine delle rissa, segno che l’emorragia è sopravvenuta dopo.