Venerdì 26 Aprile 2024

La Buona scuola fa indietro tutta, i prof potranno tornare a casa

Vacanze finite, si torna sui banchi. Depotenziata la riforma. Martedì nuovo incontro al ministero dell'Istruzione

Protesta dei professori contro la riforma la Buona scuola (Ansa)

Protesta dei professori contro la riforma la Buona scuola (Ansa)

Roma, 7 gennaio 2017 - Intorno alla metà di gennaio potrebbe essere realtà un mezzo passo indietro sulla Buona scuola: accantonato per il prossimo anno scolastico l’obbligo per neo assunti e docenti trasferiti di restare nella stessa sede per tre anni, forse rivista e corretta la chiamata diretta. Due punti salienti della riforma del governo Renzi che l’intesa firmata dal nuovo ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli con i sindacati (ad eccezione della Gilda) ‘sospende’.  Il contratto che regolerà i trasferimenti del personale docente per il 2017/2018 non rispetterà la regola dei tre anni e questo darà anche agli 83mila assunti con la Buona scuola la possibilità del trasferimento.   Ma, attenzione, la stessa Fedeli ha spiegato che «si tratta di una misura straordinaria» perché «resta fermo l’obiettivo prioritario, chiaramente indicato dalla legge 107 (la cosiddetta Buona scuola, ndr) della continuità didattica», garantito appunto dal vincolo triennale. Gli accordi sulla mobilità sono annuali, è da vedere cosa accadrà per il 2018/2019.  Tutto questo, comunque, non avrà alcun impatto sull’anno scolastico in corso che riprende regolarmente lunedì. «Vogliamo aprire il prossimo anno scolastico – ha aggiunto il ministro – nelle migliori condizioni. Per questo stabiliremo un cronoprogramma di lavoro molto preciso che, tappa per tappa, dalla mobilità alle assunzioni, all’assegnazione delle supplenze garantisca al sistema di poter funzionare al meglio e agli studenti di avere docenti in cattedra e una scuola che funzioni dal primo giorno. Questo sarà lo sforzo a cui ci dedicheremo quotidianamente».   Dell'accordo al momento si è chiarita la sostanza politica ma martedì prossimo si terrà un nuovo incontro al ministero dell’Istruzione per definire, appunto, l’articolato. E i sindacati, concordi nel giudicare positivo l’accordo, si mantengono prudenti perché «il diavolo si nasconde nei particolari», spiega con una battuta un sindacalista. Tra le novità – che potrebbero impattare su una platea di circa 200mila docenti – c’è il ritorno alla possibilità, ante Buona scuola, di chiedere non solo l’àmbito ma anche il singolo istituto dove essere trasferiti: si possono indicare fino a un massimo di cinque scuole. In tutto si potranno esprimere fino a 15 opzioni tra cui àmbiti e/o singole province, anche di regioni diverse. 

Novità, questa, che difatti depotenzia per il prossimo anno la chiamata diretta da parte dei presidi. Gli insegnanti insomma non saranno più messi di fronte al prendere o lasciare: cattedra fissa sì ma nella Regione dove c’è posto. Sul tavolo Miur-sindacati c’è anche il tema della chiamata diretta con i secondi che insistono perché i passaggi degli insegnanti dagli àmbiti alle scuole «vengano definiti sulla base di criteri oggettivi e non discrezionali». No, insomma, ai ‘super poteri’ del preside.   Ma su questo punto la trattativa, al di là dei principi generali, deve ancora entrare nel vivo. I sindacati, comunque, hanno dato atto di «un cambio di metodo coerente con l’accordo firmato lo scorso 30 novembre tra governo e sindacati, per la ripresa di corrette relazioni sindacali e un riequilibrio del rapporto tra leggi e contrattazione a favore di quest’ultima».