Giovedì 25 Aprile 2024

Attentato Barcellona, l'analista: "Così beffati gli 007"

Strazzari e il profilo dei terroristi. "i servizi non sospettavano di loro"

Soccorsi e feriti dopo l'attentato sulla Rambla (Ansa)

Soccorsi e feriti dopo l'attentato sulla Rambla (Ansa)

Roma, 19 agosto 2017 - "A quanto pare non abbiamo a che fare con dei foreign fighters, parlerei piuttosto di un commando giovane e relativamente inesperto. Non è da escludere che si tratti di seconde linee dell’Isis, braccate dalla polizia, e per questo entrate in azione scompaginando i piani della vigilia". Il quadro investigativo è ancora al di là da definirsi, ma gli elementi finora noti sono sufficienti al professor Francesco Strazzari, docente di Scienza politica alla scuola superiore Sant’Anna di Pisa, per tracciare un primo profilo del sodalizio jihadista autore dell’esplosione ad Alcanar, nonché degli attacchi di Barcellona e Cambrils. E non mancano le sorprese.

In totale le vittime dei tre episodi criminali sono quindici, potevano essere di più?

«Direi di sì, sappiamo che i terroristi avevano in mente una serie di piani. Inizialmente hanno cercato di procurarsi un grande camion da riempire con bombole di gas per provocare una violenta esplosione. Non riuscendoci, forse anche a causa della giovane età, hanno ripiegato su un secondo progetto, cioè caricare l’esplosivo su due furgoni».

Ma qualcosa è andato ancora una volta storto.

«Le bombole sono saltate in aria ad Alcanar, perché evidentemente non sono state maneggiate a dovere. Insospettita, la polizia si è messa alle calcagna dei terroristi e a quel punto il commando ha deciso di entrare comunque in azione con il doppio attacco a cavallo fra la sera e la notte di giovedì».

Lasciandosi alle spalle una scia di morte, ma anche non pochi errori, vero?

«I margini di improvvisazione non mancano, specie nell’assalto di Cambrils. Qui i terroristi a bordo di un’Audi erano cinque, eppure, rispetto a questo assetto, il bilancio di sangue è stato magro».

I jihadisti erano sprovvisti di armi da fuoco, avevano solo coltelli e finte cinture esplosive.

«Questo non fa che suffragare la tesi secondo la quale i killer non erano dei foreign fighters induriti dalla guerra in Siria o in Iraq. Non si può certo dire che quella spagnola fosse una cellula paramilitare in stile Bataclan. Tuttavia è verosimile che proprio la giovane età dei suoi componenti, Moussa Oukabir aveva appena 17 anni, e l’assenza di armi capaci di attirare l’attenzione abbiano permesso al commando di lavorare nell’ombra e passare così inosservato ai radar degli 007».

L’Isis ha celebrato le azioni dei suoi soldati sul territorio spagnolo: sono davvero forze effettive dello Stato islamico o è solo propaganda?

«Bisogna essere prudenti. Per esempio, non sappiamo quale sia il retroterra di Oukabir, originario del Marocco. I suoi 17 anni ci inducono a pensare che non abbia mai combattuto nell’esercito del Califfato. Ciò non toglie che l’Isis, messo alle strette in Siria e in Iraq come entità politica-territoriale, possa aver deciso di far uscire allo scoperto le sue seconde linee. Cellule dormienti, finora ausiliarie, presenti in Europa e militarmente poco capaci, ma per questo meno identificabili, che il Califfato ora è disposto a bruciare».

Perché colpire la Catalogna?

«In quella regione a ottobre si terrà un controverso referendum per l’indipendenza da Madrid. Probabilmente i terroristi avrebbero voluto colpire più a ridosso del voto per destabilizzare un quadro politico che ha implicazioni europee, ma hanno dovuto accelerare i tempi. Non dimentichiamo poi che nella provincia della Tarragona vi sono delle comunità salafite storicamente piuttosto radicate, come dimostrano le indagini sugli attentati dell’11 settembre 2001, nello specifico su uno dei terroristi, l’egiziano Mohamed Atta, che transitò in quella zona».

Anche il Marocco, terra d’origine di alcuni componenti del commando, ha i suoi problemi con l’Isis.

«Senz’altro, se consideriamo che dall’attacco alle Torri gemelle a oggi Rabat ha smantellato almeno 168 cellule del terrore».

Sul Marocco insistono anche le enclaves spagnole di Ceuta e Melilla: crede che siano porte girevoli per l’ingresso in Europa dei foreign fighters di ritorno dal fronte siriano o iracheno?

«Quelle entità sono ferite sul territorio nordafricano. Da una parte, povertà e disperazione, dall’altra, nel territorio soggetto a Madrid, campi da golf. Insomma la militarizzazione del divario sociale può alimentare e agevolare infliltrazioni jihadiste».