Venerdì 26 Aprile 2024

La lotta ai preti pedofili e il muro della confessione

Roma, 17 agosto 2017 - La linea della tolleranza zero nella lotta ai preti pedofili si infrange contro il muro dell’inviolabilità del segreto della confessione. In Australia l’arcivescovo di Melbourne, Denis Hart, si dice addirittura pronto a finire dietro le sbarre piuttosto che rivelare alle autorità civili le dichiarazioni di un orco penitente in talare nera. A innescare la ferma reazione del presule è stata una delle ottantacinque proposte formulate dalla commissione reale australiana incaricata di far luce sugli abusi sessuali su minori nella terra dei canguri. «Si raccomanda che non vi siano esenzioni, scuse, protezione o privilegi accordate al clero che manchi di riferire informazioni apprese in connessione con una confessione religiosa», si legge nel rapporto della task force che, dopo quattro anni di udienze, ha evidenziato come, dal 1950 a oggi, ben il 7% dei preti del Paese è accusato di pedofilia. «Si tratta di un colloquio sacro con Dio», replica Hart che promette di collaborare con le autorità civili, fatto salvo per ‘il sigillo sacramentale’. 

Come dargli torto? La confessione non è un accessorio della fede, è un segno della grazia divina istituito da Cristo in persona. Un sacramento, per l’appunto. Il prete che vuota il sacco è punito dal Codice di diritto canonico, comma 1388, con la scomunica latae sententiae riservata alla Sede apostolica. Tradotto, è automaticamente fuori dalla Chiesa, con la pena che può essere rimessa solo dal Vaticano. La riconciliazione non è un sacramento a buon mercato. Il confessore può anche negare l’assoluzione nel caso non ravvisi il pentimento del peccatore. Senza contare che la confessione alle volte si presenta come l’occasione più propizia per convincere il colpevole (anche di abusi sui minori) a costituirsi. Per questi motivi la raccomandazione della commisione suona eccessiva e poco rispettosa della libertá religiosa, perno di una sana laicità dello Stato. Ma, dall'altra parte, meglio non sfidare le manette. Con certi toni si corre il rischio di passare per chi tutela l'istituzione e non le vittime della pedofilia che, come ammonisce il Papa, resta "una mostruosità assoluta".