Giovedì 25 Aprile 2024

Il cappello dell'asino

Milano, 13 ottobre 2016 - Se non  avete mai affrontato i compiti a casa dei vostri figli, non potete immaginare di quale Vietnam possa trattarsi. Il peggiore, il più umiliante, il più odioso dei lavori vi sembrerà, al confronto, piacevole come una vacanza in Papuasia. Improvvisamente, dopo anni di svagato disimpegno, vi troverete a fronteggiare entità oscure come l’analisi grammaticale, i sistemi di disequazioni, il canto ottavo del Paradiso, le competenze della Corte dei Conti e le proprietà dei 96 elementi della tavola di Mendeleev, che già ai tempi della scuola vi gettavano nella prostrazione più cupa.

Ed ecco che i vostri figli vi ricacciano indietro nell’antro oscuro dei compiti a casa da cui vi eravate faticosamente arrampicati fuori decenni fa. Perché oggi i ragazzi sono abituati a chiedere aiuto appena si trovano in difficoltà: e dove non arriva Internet arriva il genitornet, in un crescendo di reciproca insoddisfazione che spesso culmina in furibonde litigate. E anche quando l’aiuto parentale non viene richiesto, o lo studente consuma la gioventù (e la vista) sui tomi di scuola, oppure rischia di incorrere in tragiche bocciature.

In tale contesto alquanto angoscioso viene spesso un dubbio lacerante: ma i compiti a casa servono davvero a qualcosa, oltre alla consunzione psicologica dei diretti interessati? Gli insegnanti più illuminati pensano che tutto, e dico tutto, il lavoro didattico dovrebbe essere svolto a scuola. Ragionamento non peregrino. Dopotutto, non è che alla Fiat, finito l’orario di lavoro, il caposquadra consegni all’operaio la portiera e gli dica: «Finisci di montarla a casa». Se la scuola è lo stabilimento dove si produce cultura e conoscenza, dovrebbe essere autosufficiente, anche perché gestita da professionisti dell’insegnamento, mentre i compiti a casa spesso sono in balìa di dilettanti pasticcioni e svogliati. E se proprio non vogliamo abolire questi benedetti compiti, almeno limitiamoli. Un esercizio, massimo due: notevole incentivo per lo studente che vedrebbe assai vicina l’alba della propria liberazione pomeridiana. Come noto, un mulo troppo carico non muove un passo, un mulo con un basto di peso ragionevole trotterellerà leggiadro. O andremo a finire tutti dietro la lavagna col cappello dell’asino.