Giovedì 25 Aprile 2024

Ci vorrebbe meno Europa

Roma, 30 giugno 2016 - Una volta, mio figlio di cinque anni mi chiese, «Papà che cos’è l’amore?». Lo guardavo e lui che evidentemente si era preparato anche la risposta continuò, «E’ una cosa lunga». Questo ricordo mi è tornato in mente in questi giorni in cui mi sono spesso sentito chiedere, «E adesso cosa succederà?». Adesso, cioè dopo la Brexit. «Sarà una cosa lunga» ho risposto, dentro di me pensando: lunga come l’amore. O il disamore che non è il suo contrario, né la sua fine improvvisa, piuttosto il suo tramonto, il graduale attenuarsi di un’unione. Tutti abbiamo sperimentato qualche separazione: dai genitori, dal coniuge, dagli amici, dai figli che sono andati a lavorare lontano, dalla città in cui siamo cresciuti, dalla patria. Abbiamo sofferto e poi imparato a sopravvivere o a cambiare vita elaborando il distacco, magari gioendo dell’indipendenza riacquistata. O anche rimpiangendo e coltivando quel che del passato vale e deve durare.

NON SARÀ diverso con la Brexit. Ancora non si è capito quale sarà il grado di separazione, e non è una questione secondaria. Intanto ci vorranno due o tre mesi perché lo strappo sia formalizzato. Poi, anche se fosse eluso il diritto di veto del parlamento scozzese, ci vorranno almeno due anni per negoziare consensualmente le conseguenze. Bisognerà trovare nuovi accordi in tutti gli ambiti in cui si erano sottoscritti - e poi estesi o limitati da deroghe ed eccezioni - i contratti originari tra il Regno Unito e la Comunità europea poi diventata Unione Europea anche con il concorso inglese.

Gli inglesi sono abili negoziatori e tengono molto alla loro indipendenza. Quali saranno, presumibilmente, la loro visione e il loro scopo? Fosse stato per loro avremmo avuto un mercato unico europeo senza gran parte del resto. Il resto non è solo l’euro in cui non sono entrati. Il resto, insieme con cose buone e importanti, è la monumentale, invadente e stringente mole di norme, regolamenti, direttive, richiami, procedure d’infrazione, sanzioni con cui è stato edificato questa specie di castello kafkiano dell’Unione Europea. Incapace di dotarsi di una difesa comune, assente nelle crisi mondiali, senza un fondamento democratico del suo governo, questa Unione è scivolata passo dopo passo sotto l’egemonia dello stato più forte, gli altri accettando una sovranità sempre più limitata.

A BRUXELLES non batte foglia che Berlino non voglia. Gli inglesi hanno detto no a questa Europa: davvero sbagliano tutto? E ha invece ragione di essere euforico Renzi per l’invito della Merkel a cena con Hollande? E di rallegrarsi che senza il Regno Unito il ruolo dell’Italia crescerà? Chimere. Ci saranno altri incontri, a due, a tre, a sei, secondo le circostanze. Che importa? Il capo tavola sarà sempre lo stesso. Ma Renzi non è pago e chiede più Europa, cioè di stringere i vincoli che ci stanno soffocando. Tutto al contrario penso che il lungo dopo Brexit, il negoziato del disamore, non debba servire a punire gli inglesi e la voglia di ritorsioni dei furbi babbei alla Hollande e alla Junker. Il nostro interesse vitale è che la trattativa serva ad allentare le più pericolose ruote dentate del “superstato” che ha volto in incubo l’utopia federalista di Spinelli. A rifondare l’Europa la Merkel ha già detto “Nein”. Lei adora questo status quo.. Noi perché dovremmo obbedirle?