Mercoledì 24 Aprile 2024

Bersani sara il padre nobile,D'Alema il registaFuori Civati: «Lui va con Sel»

] c'è, e già pronto: il capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, ex bersaniano. Con lui ottanta deputati e trenta senatori. E queste sono le truppe. La mission anche è dichiarata: riscalare' il Pd, come propone Davide Zoggia in un'intervista al Corsera. Le motivazioni pure. «La spinta a unirci assicura un esponente della minoranza dem che lavora ventre a terra alla riorganizzazione della sinistra del Pd arriva soprattutto dai territori. Sono in tanti a chiederci di fare massa e agire, mettendo da parte le polemiche», insiste. Parliamo di quella che una volta si chiamava area Bersani', poi ribattezzata a luglio, assemblea di Massa Marittima, Area riformista'. Fino a ieri un arcipelago, pure assai frastagliato. La sinistra dem, meglio nota come minoranza del Pd, quella che, un giorno sì e l'altro pure dovrebbe fare una scissione che, invece, non vuole affatto fare, vive di recenti e antiche incomprensioni. È DIVERSA da Sinistra dem', l'area lanciata da Gianni Cuperlo, anche perché «Gianni non si decide mai e, comunque, i suoi fedelissimi non sono più di quattro o cinque», dicono i bersaniani. C'è, ovvio, una semitotale lontananza e freddezza verso l'area Civati («Tanto Pippo ha deciso: farà la scissione, se ne va con Vendola»). Ma c'è distanza anche con singole personalità forti come Fassina: «Stefano ormai è entrato in rotta di collisione totale con il partito», sospirano dall'area Bersani. Che dalla sua ha una freccia all'arco non da poco. I numeri. In Parlamento, appunto, e pure sui territori. Con Bersani a fare la parte del padre nobile', D'Alema il regista da dietro le quinte e Speranza nel ruolo di capace front runner, Area riformista lancia il guanto di sfida a Renzi: riprendersi il Pd. A questo servono, anche, le staffilate contro il partito della Nazione' pronunciate da Cuperlo, Bersani e dal redivivo Occhetto. Nel mezzo, però, e cioè in attesa del prossimo congresso di partito, c'è la battaglia parlamentare. Il primo terreno di scontro è, ovvio, il Jobs Act. Fermo in commissione Lavoro, dove il presidente è il laburista-lavorista Cesare Damiano, spalleggiato da una pattuglia di ben dodici ex cigiellini oggi deputati, su un totale di 46 membri. Qui l'obiettivo è esplicito: mettere nella delega, dice Damiano, «il documento votato dalla Direzione Pd che prevede il reintegro per i licenziamenti disciplinari ingiustificati». Solo che il governo vorrebbe metter la fiducia sul testo-fotocopia uscito dal Senato. In cambio, la sinistra propone una sorta di disarmo bilaterale': «Dateci le modifiche che chiediamo e il Jobs Act passa indenne». Altrimenti è guerra, fino a un voto negativo finale sul testo. Ma la vendetta potrebbe arrivare fino a mettere i bastoni tra le ruote al governo sulla Legge di Stabilità (ieri bocciata in toto da Fassina e, in buona parte, da Boccia) e l'Italicum, sempre fermo al Senato. Ettore Maria Colombo