Trento, 30 luglio 2015 - La provincia di Trento ha vinto. E' stata introdotta la nuova categoria dell'orso «dannoso», ovvero del plantigrado «che arreca ripetutamente danni materiali alle cose (predazione di bestiame domestico, distruzione di alveari o danni alle coltivazioni, o in generale danni a infrastrutture) o utilizza in modo ripetuto fonti di cibo legate alla presenza umana». Lo rende noto il ministero dell'Ambiente in una nota, in cui riferisce che è stato firmato dalla direzione competente del ministero dell'Ambiente il decreto che rende esecutiva la modifica del capitolo 3 del cosiddetto 'Pacobace¨ (Piano d'azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi centro-orientali) e che recepisce, tenuto conto del parere favorevole dell'Ispra, i decreti e le deliberazioni già emanati sull'argomento dalle Regioni Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Ferme restando tutte le azioni di dissuasione che dovranno essere poste in essere secondo la normativa vigente, è prevista la richiesta di autorizzazione al ministero per ogni intervento di rimozione, spiega il ministero in una nota. La firma è stata resa nota nel corso di un incontro avvenuto nel pomeriggio a Roma tra il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti e il Presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, sul tema della gestione dell'orso, presente anche l'assessore provinciale all'Ambiente, Michele Dallapiccola.
«La tutela della vita umana e la sicurezza della popolazione - aveva affermato dieci giorni fa lo stesso ministro e lo ricorda oggi il ministero - vengono sempre al primo posto. Sugli orsi pericolosi il Tribunale ha già chiarito la possibilità per la Provincia di Trento di agire attraverso ordinanze: se però siamo in presenza di un orso che non attenta all'uomo, ma solo a beni materiali io, nell'ambito dei miei poteri e delle mie prerogative, posso dire da subito che indicherò come via da seguire quella della captivazione e non autorizzerò mai l'uccisione di un orso, la cui specie va protetta a ogni costo». Così, alla fine di tutto, il progetto di reintroduzione si rivela fallimentare, accusano le associazioni animaliste, soprattutto per l'incapacità dimostrata da chi avrebbe dovuto gestirlo educando la popolazione e i turisti alla convivenza pacifica. Come accade in molti altri paesi del mondo dove la presenza dei plantigradi è ben più elevata. Da noi i risarcimenti, evidentemente, non bastano più. Per contatti con la nostra redazione: [email protected]