Mercoledì 24 Aprile 2024

L’accesso a Internet deve essere un diritto umano?

Le libertà di espressione e informazione non sono assicurate se non tutti i cittadini hanno accesso alla rete

Secondo uno studio, Internet va considerato un diritto universale

Secondo uno studio, Internet va considerato un diritto universale

L'accesso gratuito a Internet deve essere considerato un diritto umano? Secondo uno studio inglese sì, perché ci sono troppe persone nel mondo che non potendosi connettere online (magari da paesi in via di sviluppo), non hanno gli strumenti per dire la loro e influenzare i grandi player globali che modellano le loro vite quotidiane. Internet free dovrebbe quindi essere un diritto da garantire a tutti e inalienabile. La questione non è così semplice, ma qualcosa si sta muovendo nelle istituzioni.

Il diritto a Internet

La ricerca, condotta dall’Università di Birmingham, è la prima di questo genere e parte dal presupposto che l'impegno politico si svolge sempre più online, e che le libertà di base che molti danno per scontate, tra cui la libera espressione, la libertà di informazione e la libertà di riunione, non sono assicurate se non tutti i cittadini hanno accesso a Internet. Il paper inglese, pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Applied Philosophy, spiega che l’accesso a Internet potrebbe essere una chiave per proteggere altri diritti umani fondamentali come la vita e la libertà e consentire a miliardi di persone di condurre "vite minimamente decenti". L'accesso a Internet non deve quindi essere considerato un lusso, ma esattamente come un diritto umano morale: tutte le persone della Terra dovrebbero quindi avere un accesso alla rete garantito, non monitorato e senza censure. La connessione, secondo il dottor Merten Reglitz dell’università inglese, deve essere fornita gratuitamente a chi non se lo può permettere.

La vita politica si svolge sul web

Secondo lo studio di Reglitz, l'esercizio della libertà di parola e l'ottenimento di informazioni dipendono sempre di più dall'accesso a Internet. Ma secondo le stime delle Nazioni Unite, alla fine del 2018 solo il 51% della popolazione mondiale aveva accesso a Internet. E la Ong The World Wide Web Foundation, fondata da Tim Berners-Lee, sostiene che la convenienza (per gli operatori telefonici) rimane uno degli ostacoli più significativi (ma risolvibili), all'accesso universale. Il problema è che ormai dai tweet dei politici all’uso dei social durante la primavera araba di qualche anno fa, dalle violenze della polizia americana sula popolazione nera alla campagna #MeToo contro le molestie sessuali, gran parte del dibattito politico di oggi si svolge online e le informazioni politicamente rilevanti sono condivise soprattutto su Internet. La Rete offre quindi possibilità senza precedenti per proteggere i diritti umani fondamentali, e chi non vi accede vede le sue libertà limitate. Per questo va considerato come il diritto alla salute, a cui tutti devono poter accedere.

Come si muovono i paesi

Se essere online non significa necessariamente avere garantiti i diritti umani, lo studio sostiene che Internet free va considerato un "diritto umano morale", basato cioè su interessi universali essenziali per una esistenza umana che si voglia definire tale. Alcuni paesi, citati nello studio, si stanno distinguendo in questo senso, come lo stato indiano del Kerala, che ha dichiarato l'accesso universale a Internet un diritto umano e si impegna a garantirlo per suoi 35 milioni di persone entro fine 2019; oppure l'iniziativa WiFi4EU dell’Unione Europea, che punta a fornire a tutti i villaggi europei l'accesso gratuito a Internet wireless entro il 2020. L'accesso globale a Internet fa parte degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e senza di esso molte persone non hanno mezzi per influenzare le decisioni che vengono prese sopra le loro teste. E se una nazione non è disposta a riconoscere questi diritti, la comunità internazionale dovrebbe intervenire.