Giovedì 25 Aprile 2024

Zanardi, cuore infinito e simbolo per il Paese

Alex combatte la sua ennesima battaglia: è stato grazie alle sue imprese che le Paralimpiadi (al via martedì) hanno oggi un grande seguito

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di Leo Turrini

Ora che le luci di Tokyo, sempre fioche causa pandemia, stanno per accendersi sulla Paralimpiade, beh, conviene rendere omaggio al personaggio che più di ogni altro ha conferito, almeno nel nostro paese, una meritatissima popolarità ad un settore che da sempre si faceva scudo della propria indiscutibile dignità. Sto parlando di Alessandro Zanardi.

Ormai da molti mesi, Alex sta consumando la sua quarta vita. La più difficile, per le conseguenze di un terribile incidente stradale.

La prima esistenza del Campionissimo emiliano si lega alle sue imprese su bolidi a quattro ruote. Era la seconda metà degli anni 90 del secolo scorso quando Zanardi andò a conquistare l’America, stupendo per l’audacia con la quale si imponeva su circuiti mitici, dalla costa est alla costa ovest degli Stati Uniti. Per due volte, nel 1997 e nel 1998, si è laureato campione della Champ Car, il massimo campionato automobilistico degli Stati Uniti.

Poi c’è stata la seconda vita, coraggiosamente inaugurata nel 2001, dopo lo schianto che gli era costato l’amputazione di entrambe le gambe. Sconfiggendo i pregiudizi e persino lo scetticismo dei medici, Zanardi era tornato al volante e di nuovo aveva dato un senso straordinario al suo amore per la velocità, per l’agonismo su quattro ruote. Vincendo, di nuovo.

Ma la cosa più nobile, io credo, questo italiano speciale se l’è inventata quando ha deciso di mettere la sua immagine al servizio del movimento sportivo dei disabili. Per intenderci. Non era tenuto a farlo, nessuno glielo chiedeva, nessuno poteva pretendere davvero qualcosa da lui.

E invece. Invece Zanardi, alla vigilia della Paralimpiade di Londra del 2012, idealmente ha impugnato la fiaccola. ha trasformato la sua passione per la hand bike, la bicicletta spinta con le mani, in una testimonianza valida per ognuno di noi.

Da idolo in solitudine, Alessandro ha reso se stesso un simbolo collettivo.Ha collezionato record e medaglie. Le sue imprese londinesi, accompagnate da quelle di Rio nel 2016, hanno aperto gli occhi ad una moltitudine di connazionali. Ci hanno fatto capire, aldilà di ogni dubbio residuo, che la disabilità non è una condanna permanente, non è una sentenza senza appello, non è un verdetto di fronte al quale è inevitabile arrendersi alla rassegnazione.

Il destino non ha voluto che Zanardi si presentasse a Tokyo. Ma io dubbi non ne ho.

Il suo spirito è la, all’ombra della fiaccola della Paralimpiade.