Giovedì 25 Aprile 2024

"Vinciamo le Olimpiadi, poi ci dimenticano"

Vito Dell’Aquila nove mesi dopo l’oro di Tokyo: "Non siamo sport minori, meritiamo attenzione. Per fortuna abbiamo la grinta del sud"

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di Doriano Rabotti

Capita spesso, in Italia: tutti pronti a soccorrere i vincitori, soprattutto alle Olimpiadi, in sport condannati all’oblio prima e dopo. Vito Dell’Aquila ormai c’è abituato: nove mesi fa vinceva l’oro nel taekwondo. E poi?

"E poi è tornato tutto quasi come prima".

Dell’Aquila, dopo Tokyo la sua vita non è cambiata?

"No. O meglio: ho realizzato il sogno di una vita sportiva, certo. Ma a parte l’attenzione iniziale, i festeggiamenti, i primi attimi di celebrità, ho ripreso ad allenarmi e a volte mi dimentico di essere campione olimpico".

Addirittura.

"Io continuo a lavorare all’Acquacetosa. Ecco, il cambio vero fu andare a vivere a Roma. Ma dopo Tokyo l’unica cosa diversa è lo status alle gare: tutti fanno l’impossibile per batterti. È una cosa a cui mi sto abituando e che mi fa piacere. A dire il vero sono contento che la mia vita sia sempre quella. Sono giovane, ho una lunga carriera davanti, non devo farmi trasportare dagli eccessi".

Non è un discorso da ventunenni...la sua maturità da cosa deriva?

"Sicuramente dalla mia famiglia, non potevo desiderare di meglio. Mi hanno insegnato l’educazione e lo spirito di sacrificio. La passione per lo sport non mi permette di accontentarmi di un traguardo temporaneo, so che devo avere pazienza".

Però vi sentite dimenticati.

"Sì perché non siamo certo sport minori, solo meno famosi. Passati i giochi le luci su di noi si spengono e cadiamo nel dimenticatoio. Anche se dopo Tokyo va meglio, prima ci fu l’oro di Molfetta, nove anni dopo il mio: meriteremmo ancora più visibilità, per fortuna la federazione sta lavorando benissimo".

Almeno guadagnerà di più...

"Non mi posso lamentare, soprattutto grazie al gruppo sportivo dei Carabinieri, ma non ci penso molto"

Mesagne ha dato due ori al taekwondo italiano. Merito del maestro Roberto Baglivo?

"Lui è un vero talent-scout. Mettiamoci anche il lavoro degli atleti, quello degli allenatori della nazionale, tutti tasselli che si incastrano. E la mentalità del sud: noi siamo cazzuti, determinati, perché nulla ci viene dato gratis".

Lei finì in palestra perché suo padre era un fan di Bruce Lee.

"Sì, solo che a Mesagne c’era solo il taekwondo, che comunque Bruce Lee praticava. Io ero timido, mio padre voleva aiutarmi".

E’ ancora timido?

"No. Le arti marziali ti formano a livello caratteriale, ti insegnano dedizione e spirito di sacrificio. Quando esci, hai gli attributi".

Tanto da dire dopo la medaglia: vaccinatevi tutti.

"Lo dissi perché ne sono convinto, è il modo migliore per uscirne. Sono pro-vax, ma anche se ho ricevuto critiche molto aspre da gente che non mi conosceva neanche, non demonizzo le posizioni dei no-vax. Estremizzare è sempre sbagliato".

Ha conosciuto Ibrahimovic, che ha praticato il suo sport?

"Sì, siamo andati nell’albergo del Milan prima della partita contro la Roma".