Mercoledì 24 Aprile 2024

"Vai Italia, hai tutto per prenderti il futuro"

Recalcati il ct dell’argento olimpico nel 2004: "Noi eravamo a fine ciclo, ora è il contrario. Mannion? Mi considera suo nonno..."

di Alessandro Gallo

L’ultimo ct a regalare una medaglia e una partecipazione all’Italia ai Giochi (argento ad Atene 2004) ci mette lo zampino anche oggi. Perché Nico Mannion, protagonista in maglia azzurra, lo chiama affettuosamente nonno. Fu Charly Recalcati, nel 1989, a portare in Italia Pace Mannion. Che poi a Siena sarebbe diventato papà di Nico.

Recalcati, qual è il suo stato d’animo dopo Belgrado?

"Contentissimo. Felice per l’Italia, per il movimento. E felice per Meo Sacchetti, che pure era stato messo in discussione".

Appena vinto l’argento ad Atene, nel 2004, lei mise in guardia l’Italia. Disse che sarebbero arrivati tempi duri. E oggi?

"Quella nazionale, bellissima, che vinse l’argento ad Atene era alla fine di un ciclo. Non si vedevano ricambi all’altezza".

E adesso?

"Mi sembra che la situazione si sia ribaltata. Un gruppo giovane e futuribile. Qualcosa sul quale costruire".

Ragazzi che sono cresciuti.

"Gli italiani non sono più una specie protetta. Si sono messi in discussione, sono usciti dai confini e hanno cominciato a essere protagonisti. Penso a Fontecchio, Polonara. O allo stesso Mannion, che fa le vacanze a Ostia, ma gioca negli States".

Nico azzurro grazie a lei.

"Frates, mio assistente, mi ha mandato un messaggio scherzoso. Nico effettivamente mi considera un nonno".

Ai tempi di Atene impazzavano i tiri ignoranti di Basile. Oggi chi è l’erede del Baso?

"Non c’è. Basile era di un’altra categoria. Poi, l’etichetta ignoranti, la mise lui. Ma per lui erano tiri assolutamente normali".

Lei ha sempre guardato ai giovani con interesse: Pajola?

"La chiave dello scudetto Virtus è tutta lì. Non a caso il periodo peggiore per i bianconeri è coinciso con l’infortunio di Pajola. Pajola è stato ecumenico: a Teodosic ha riservato lo stesso trattamento che aveva adottato per Rodriguez".

I dodici di Belgrado o qualche innesto?

"Ci fu lo stesso quesito per il sottoscritto. Ma noi ci qualificammo a settembre e le Olimpiadi ci sarebbero state l’estate successiva. Cambiano i tempi: è tutto più ristretto. Meo ha il polso della situazione. Sa se un innesto può garantire qualcosa in più o minare l’equilibrio. Noi ci qualificammo lasciando a casa Pozzecco, che portai ad Atene".

Con lei l’ultima partecipazione e l’ultima medaglia. Quando rivedremo l’Italia sul podio, fermo restando che gli azzurri ci sono saliti solo nel 1980 e nel 2004?

"Paradossalmente è più difficile arrivare ai Giochi. In un torneo ristretto può accadere di tutto, Alla fine si qualificano formazioni deboli, ma le favorite, come Stati Uniti e Spagna restano".

E questa Italia?

"Non ha pressioni. Meo è stato bravo in questo. Ha responsabilizzato il gruppo che non ha l’obbligo di vincere tutto e subito perché non è alla fine di un ciclo. E’ solo all’inizio, poi ci saranno Europei, Mondiali".

E tra un po’ le Olimpiadi.

"Ecco, tornarci è bellissimo. E’ una qualificazione che fa bene a tutti. E al movimento".

Quando ha capito che l’Italia avrebbe raggiunto Tokyo?

"Nel primo minuto dell’ultimo quarto. La Serbia ha bruciato il bonus in 45 secondi. A quel punto, bastava gestire e penetrare. Ma l’Italia è stata bravissima prima". Parola di nonno Charly, l’ultimo ct medagliato ai Giochi.