Venerdì 26 Aprile 2024

Stano, il musulmano d’oro: "Per mia moglie"

Si è convertito dopo aver sposato l’azzurra Fatima, ieri ha battuto i giapponesi parlando nella loro lingua: "Sono il più forte"

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dall’inviato Leo Turrini

Per amore, solo per amore. Come in una canzone del professor Vecchioni, un ventinovenne di Palo del Colle, provincia di Bari, conquista forse l’oro meno atteso. Massimo Stano vince la 20 chilometri di marcia a Sapporo, dove sulla montagna nel 1972 Gustavo Thoeni dominò l’Olimpiade Bianca nel gigante.

Per amore, solo per amore. Massimo varca il traguardo e quasi si sdraia sull’asfalto. Bacia la strada e poi cerca una telecamera per condividere l’emozione con chi sta lontano, con la moglie Fatima e con la figlioletta Sophie, di cinque mesi.

E qui comincia un’altra storia.

Islam. Per amore, solo per amore. Massimo ha girato l’Italia per coltivare l’arte del “punta e tacco”, come si dice in gergo. È partito da una società di Molfetta, poi si è spostato a Sesto San Giovanni, infine ad Ostia. In mezzo a tanti spostamenti, ha dato il cuore a Fatima Lofti, radici marocchine, azzurra delle siepi, oggi anche lei marciatrice. Si sono sposati e lui si è fatto musulmano.

Per amore, solo per amore.

La sorpresa. Alla vigilia della 20 chilometri, Stano non figurava in una lista di favoriti. Zero assoluto. I siti specializzati lo candidavano al massimo ad un onorevole decimo-dodicesimo posto. Del resto ai mondiali era arrivato quattordicesimo. Agli europei quarto. Un primato nazionale non giustificava l’onore del pronostico.

Siamo quindi in presenza di una sorpresa gigantesca. Per capirci, quando l’istriano Abdon Pamich vinse qui a Tokyo l’oro nella 50 chilometri ai Giochi del 1964, beh, era l’uomo da battere. Idem il povero Schwazer a Pechino nel 2008, sempre sulla distanza lunga. Persino l’impresa di Brugnetti (che al telefono aveva dato qualche consiglio a Stano, giusto ieri) ad Atene nel 2004 fu meno stupefacente.

Per l’Italia questo è il settimo oro olimpico nella marcia. E l’atletica leggera, dopo Tamberi e Jacobs, eguaglia il record dei tre ori di Los Angeles 1984 (Cova, Andrei, Gabriella Dorio). Mi chiedo cosa penseranno i nostri amichetti anglosassoni, eh.

"Lo sapevo". Eppure. Eppure, Massimo Stano ci credeva. Ha persuaso se stesso con largo anticipo. "Da due mesi mi ripetevo: sono il più forte del mondo. E ho continuato a ripetermelo mentalmente durante la gara. Guardavo gli avversari e mi dicevo: fate quello che vi pare, il più forte sono io". E ancora: "Mi ha aiutato l’umidità, con questo clima io mi esalto. Sono stato anche stimolato dall’esempio di Tamberi e di Jacobs. Ai miei tecnici l’avevo spiegato: non c’è due senza tre e il terzo sono io. La dedica? Alla bambina e a mia moglie, che mi sopporta e supporta".

Per amore, solo per amore.

La gara. Stano si sentiva imbattibile e si è visto. Non si è preoccupato delle smanie dei cinesi e ha messo nel mirino i veri favoriti, gli idoli di casa Ikeda e Yamanishi. Li ha cucinati a fuoco lento, parlando loro in giapponese, lingue che studia da due anni. Quando mancavano meno di tre chilometri al traguardo, l’azzurro ha accelerato. E ciao.

Nella marcia, fin sul traguardo c’è l’incognita delle giurie. Ti possono castigare per una rotula fuori posto. E Stano era inseguito da due giapponesi!

Ma questa è l’Olimpiade dei miracoli italiani, non lo avete ancora capito?