Mercoledì 24 Aprile 2024

Piange il dischetto, il Brasile non impara mai

Neymar sblocca nei supplementari una partita difficile, Petkovic sfrutta la distrazione verdeoro. E ai rigori Livakovic è insuperabile

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di Leo Turrini

Mettiamola così: non impareranno mai! Solo i brasiliani, in vantaggio di un gol agli sgoccioli del secondo tempo supplementare, potevano riuscire nell’impresa di beccare il pareggio in contropiede. Un capolavoro alla rovescia, un inno alla follia.

Dunque in semifinale ci va la Croazia e nemmeno è il caso di gridare troppo allo scandalo. In fondo Perisic e compagni sono i vice campioni del mondo in carica e un trio di centrocampo come Brozovic-Kovacic-Modric il povero Tite, ct verdeoro che dopo la gara si è dimesso, se lo sognerà di notte per il resto dei suoi giorni. Aggiungete che Paolo Rossi doveva essere un antenato di Petkovic, autore dell’1-1, e Dino Zoff l’avo di Livakovic, il portiere che ha tenuto a galla i suoi per due ore, con miracoli annessi quando è scattata la tagliola dei rigori: basta, come spiegazione del misfatto?

Forse no. Forse conviene recuperare le antiche saggezze di un calcio che fu, per capire e per capirci. Il Brasile, di sicuro tecnicamente superiore, ha commesso l’errore di specchiarsi nel suo narcisismo. Manovra lenta, nessuno in grado di saltare l’uomo, prestazioni dei singoli al limite della denuncia per atti osceni in luogo pubblico. Vinicius e Richarlison sembravano imbottiti di caipirinha: si muovevano come ubriachi dinanzi al muro croato, incapaci di produrre lo straccio di una idea.

A quel punto, contro un avversario mentalmente proiettato sin dall’inizio verso l’epilogo dagli undici metri, beh, a quel punto l’unico che poteva metterci una pezza era O’Ney. E ce l’aveva messa, Neymar: inventandosi un prodigio sulla sirena del primo tempo supplementare. Un numero da circo, una cosa alla Pelé, eguagliato a quota 77 tra i marcatori della Selecao. Ma è stato un miracolo inutile.

Qui si torna alla riflessione di partenza. Un po’ tutti abbiamo esagerato, nel considerare il Brasile, questo Brasile, nel pieno possesso delle facoltà mentali. No, invece.

Una grande squadra, avanti in una sfida tesissima nei confronti di un avversario cui la rete di O’Ney aveva spedito il morale sotto i tacchi, non si fa più rimontare. Una grande squadra non si fa trovare sbilanciata su un tocco illuminante del mitico Modric. Sì, va bene, sul tiro di Petkovic (0 gol in 37 partite tra Bologna e Verona, 4 con la Reggiana in Lega Pro, mica un fenomeno) c’è stata una deviazione di Marquinhos, ma non è stata sfiga. È stata incoscienza.

Riassumendo. Ci siamo sbagliati, io per primo. Questo Brasile non era una grande squadra e a furia di menarcela con “o jogo bonito” ci siamo dimenticati che la Seleçao ha alzato per l’ultima volta la Coppa nel 2002. Venti anni fa. Ci sarà pure un motivo!

Quanto alla Croazia, a me ricorda l’australiano Bradbury, oro olimpico nello short track solo perché caddero sul ghiaccio tutti quelli che aveva davanti. In 5 partite, Brozo e c. hanno battuto in partita esclusivamente il Canada.

Bravi, per carità. Ma deve esserci un limite…