Mercoledì 24 Aprile 2024

McGee e Conte, nel nome di mamma e papà

Il cestista campione col Dream Team come la madre Pamela 37 anni prima, il pallavolista bissa il bronzo di Hugo a Seul 1988

di Doriano Rabotti

Nel nome del padre. O della madre. Certo non è una novità, che i cromosomi buoni aiutino a far crescere eredi all’altezza: la storia dello sport è piena di figli d’arte che hanno saputo ripercorrere e spesso migliorare il cammino agonistico dei genitori.

Ma quello che è successo ieri, a livello di coincidenza, è roba da scomodare la cabala, la smorfia napoletana, la legge di Murphy e Agatha Christie tutti insieme. O un buon astrologo, per chi ci crede.

I fatti dicono che ieri due medaglie, una d’oro e una di bronzo, sono state vinte a distanza di quasi quarant’anni dai figli di due atleti che avevano centrato lo stesso obiettivo olimpico: JaVale McGee, cestista dei Denver Nuggets, come la madre Pamela, campionessa a cinque cerchi a Los Angeles 1984. E il quasi italiano Facundo Conte, schiacciatore dell’Argentina di volley, ha bissato il terzo posto di papà Hugo nell’88 a Seul.

Ce ne sarebbe anche per noi italiani, ma diciamo che il bilancio è in parità: il capitano dell’Italbasket Nicolò Melli non ha eguagliato l’argento che la mamma Julie Vollertsen, pallavolista passata da Reggio Emilia, centrò con la maglia degli Stati Uniti sempre nel 1984. A quei Giochi partecipò senza salire sul podio nella canoa anche Marco Ganna, papà di Filippo che qui invece ha vinto l’oro nel ciclismo su pista col quartetto dell’inseguimento.

L’eredità olimpica di ieri, dicevamo: il Dream Team del basket ha centrato l’oro battendo in finale la Francia per 87-82, topscorer Kevin Durant che fa festa anche per il quadriennale da 198 milioni di dollari firmato per i Nets, oltre che per il terzo oro olimpico personale (eguagliato Carmelo Anthony). Del gruppo allenato da Gregg Popovich fa parte anche JaVale McGee, 33 anni, figlio e fratello di cestisti. Vegano, gioca nella Nba dal 2008 e sua madre, Pamela, vinse l’oro nel 1984. In Italia la signora McGee ha giocato a Palermo e a Pistoia, tra l’88 e il ’91.

Molto più tempo vi ha trascorso Hugo Conte, uno dei più grandi giocatori di volley di sempre, che nel passaggio a Modena prese anche la cittadinanza italiana: nel 1988 faceva parte di una squadra che a Buenos Aires ancora ricordano tutti, piena di talenti che lasciarono il segno anche in Italia come Kantor, Weber, Quiroga, Cuminetti, Martinez. Papà Hugo battè il Brasile 3-2 il 2 ottobre del 1988, ieri il figlio Facundo, nato l’anno dopo quello storico bronzo, si è ripetuto con lo stesso risultato contro la stessa avversaria, che non scendeva dal podio da 21 anni.

Nel 3-2 finale di ieri (25-23, 20-25, 20-25, 25-17, 15-13) ai danni dei campioni verdeoro, in un derby che sotto rete è la sfida più sentita in assoluto per i gauchos, Conte junior ha fatto 21 punti. Nato a Baires, cresciuto a Modena per seguire papà, il giovane Conte aveva già realizzato un sogno del padre, giocando insieme a lui nel campionato argentino. In Italia anche Facundo si è fatto conoscere, tra Catania, Bologna, Macerata, Perugia e Monza.

L’oro sotto rete ieri l’ha vinto la Francia trascinata al 3-2 sulla Russia da un altro figlio d’arte come Earvin Ngapeth, detto Monsieur Magique, che tornerà a Modena nel prossimo torneo. Papà Eric è stato un discreto centrale franco-camerunense. Ma a differenza di Conte e McGee, la Francia prima di ieri non aveva mai vinto niente. Esulta almeno l’italiano Paolo Perrone, vice del ct Lauren Tillie (papà d’arte di pallavolisti e cestisti, tanto per cambiare...), e scout man di Milano.