Mercoledì 24 Aprile 2024

Marocco orgoglio dell’Africa come Bikila

Nonostante la sconfitta, la storica semifinale ha unito un continente nel tifo: ricordando i grandi momenti da Alì-Foreman agli Springboks

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di Leo Turrini

L’evento, più del risultato. L’attimo, più del tabellino. La Storia, più della cronaca. Non poteva essere una notte qualunque per l’Africa e per il mondo arabo. Non lo è stata, sempre a prescindere dal verdetto di Marocco-Francia. Questa, del resto, fu una delle tante lezioni di Nelson Mandela. Che da presidente del Sud Africa si battè per ottenere l’assegnazione del Mondiale di calcio del 2010. "So bene - disse il simbolo della lotta all’apartheid-che i nostri Bafana Bafana non potranno alzare la Coppa. Ma dimostrando che sappiamo organizzare la manifestazione sportiva più importante sulla faccia della terra vinceremo la vera sfida". E così fu, con buona pace di chi prevedeva disastri. L’epilogo fu addirittura commovente: la sera della finale tra Spagna e Olanda, Mandela volle materializzarsi allo stadio di Johannesburg. Non stava in piedi. Fece il giro di campo su un cocchio trainato da cavalli.

Prima ancora, quando la salute lo sorreggeva, Mandela, sempre lui, aveva visto nel rugby, disciplina amatissima dai suoi connazionali bianchi, uno strumento di integrazione. Si oppose dunque agli oltranzisti neri che volevano sciogliere gli Springboks, la nazionale del Sud Africa, e che ne avevano comunque ottenuto il confino dalle grandi manifestazioni internazionali. Ospitò invece la Coppa del Mondo di palla ovale, andò alla finale con la maglia numero 6 del capitano Francois Pinaar e celebrò il trionfo della squadra che coincise con l’unificazione di una Nazione (a Hollywood ci hanno fatto un film su questa storia, con Morgan Freeman e Matt Damon).

S’intende, come il Qatar del pallone malinconicamente insegna, che spesso sono i regimi non rispettosi dei diritti umani ad usare lo sport come veicolo di propaganda: tra i tanti, lo fece anche Mobutu, spietato dittatore di un Congo da lui ribattezzato Zaire. Però, fra tante oscene nefandezze, quel satrapo nel 1974 portò a Kinshasa i due afroamericani più famosi, George Foreman e Muhammad Ali. Su un ring improvvisato, andò in scena "The Rumble in the Jungle", il match di pugilato più… raccontato di sempre (e anche qui, tra film, documentari e libri come quello straordinario di Norman Mailer, “The Fight”, c’è tanto da imparare).

Momenti. Istanti che testimoniano l’esistenza di un mondo “altro”, distinto e distante ma non necessariamente irraggiungibile.

Per dire, nel 1960 gli italiani di allora avevano del Continente Nero una idea ancora ancorata al passato, ai residuati delle sciagurate avventure militari del fascismo. Faccetta nera bella abissina e scemenze (non solo canore, purtroppo) del genere. Poi si accesero le luci della Olimpiade di Roma e avvenne il miracolo: correndo scalzo tra le strade dell’Urbe, l’etiope Abebe Bikila trionfò nella maratona. E con lui iniziò la leggenda agonistica, mai interrotta!, dei meravigliosi podisti africani, oggettivamente collocati in una dimensione a parte. Ne siano consapevoli o meno, i calciatori del Marocco hanno scritto un altro capitolo di una storia che senza di loro sarebbe stata più povera.