Sabato 27 Aprile 2024

L’ultima uscita della Solo: "In clinica per disintossicarmi"

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Solo Speranza. Se leggi e traduci Hope Solo, ti viene fuori il destino in due parole. La speranza di essere qualcosa, una volta finita la polvere di stelle. E strisce. Perché Hope era il pluridecorato portiere della nazionale Usa femminile. E poi la solitudine. Quella strana sensazione di abbandono che ti morde quando smetti di giocare e quelli che ti chiedono i selfie sono sempre meno. I giornalisti non ti chiamano più. E quanto ti manca il ruggito negli stadi. E allora succede che quella bottiglia lassù sulla credenza, possa sembrarti amica. La migliore.

La chiamano ’sindrome della visione a tunnel’. L’atleta passa un pezzo di vita ad allenarsi, pianificare il successo, inseguire risultati. Poi più nulla. C’è chi si sente liberato. Chi dichiara come Michael Phelps, colpito dalla depressione: "Sono estremamente grato di non essermi tolto la vita" e chi come Hope Solo non ce la fa. Lei che oggi ha 40 anni e ne ha vinte di cose con gli Usa in una ’militanza’ lunga 202 partite: due ori olimpici, a Pechino 2008 e Londra 2012 e un titolo mondiale, nel 2015. Però poi quando tutto finisce quella maledetta bottiglia diventa l’unica alternativa. Fino a quando non ti ferma la polizia, ubriaca, con i tuoi figli in auto - due gemelli - nati dalla relazione con l’ex giocatore di football americano Jerramy Stevens. E tu resisti, ti ribelli, finisci in carcere e a processo, perché si sa che in America la polizia non scherza. E’ quel che è successo a Hope a fine marzo. E allora eccola la nuova sfida: "Mi sottoporrò volontariamente ad un programma di disintossicazione dall’alcol. E vincerò questa sfida". Si dice che gli atleti professionisti muoiano due volte, la prima quando smettono. E allora speriamo che possano anche rinascere due volte. E’ la nostra Speranza per Hope.

Paolo Franci