Mercoledì 24 Aprile 2024

Jorginho, dal monastero al Pallone d’oro

Il regista azzurro scappò con la madre dal Brasile per inseguire un sogno: in Italia divideva una stanza con altri 5, voleva smettere

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di Paolo Franci

Anche adesso che il ragazzo di Imbituba accarezza col pensiero il Pallone d’Oro, scacciandolo subito con un moto di timidezza, c’è qualcuno che ha ancora dubbi sul fatto che sia un grande giocatore. Perchè nel pallone moderno se non sei elettrico nel gesto e svelto nei movimenti, ti bollano subito come "lento" e nella peggiore delle ipotesi come un inutile orpello capace di fare quello che farebbe "un buon centrocampista di Serie B". Quante volte Jorginho, l’uomo che ha accarezzato il pallone che ci ha portato in finale, ha dovuto fare i conti con questa fesseria? Tante.

Eppure ha vinto la Champions League da padrone del centrocampo. Eppure è indiscutibilmente il titolare più titolare checi sia per Mancini. E lo stesso faceva Sarri a Napoli, dove Jorginho fu uno dei grandi protagonisti del primo ’Sarriball’, certo meno appariscente del Pipita Higuain o di qualche altro drago azzurro ma, alla fine l’unico vero insostituibile e indispensabile. Sì, però, dai, Jorginho.

Che fosse un predestinato lo si era capito già dai tempi in cui mamma Maria Tereza lo allenava in grembo. Lei, ex calciatrice, non pensava che a quello: "Mio figlio, da grande farà il calciatore e sarà fortissimo", ripeteva alle amiche, mentre la vita gli si metteva in contromano. Divorzio, fuga dal Brasile dove Jorginho si metteva in pallida mostra in una giovanile di Brusque, città a 200 chilometri da casa sua ma ’ammanicata’ con qualche club italiano. Quando Jorge Luiz Frello Filho - questo il nome di Jorginho - compie 14 anni mamma Maria Tereza rompe gli indugi: "Figliolo, partiamo, si va in Italia dove ci sono nostri parenti". Grazie a un trisavolo paterno, Giacomo Frello, Jorge ha la cittadinanza italiana per diritto di sangue. Sa giocare al calcio grazie agli insegnamenti della mamma. E’ lei a motivarlo, a comprargli scarpini e pallone. E lo nota il Verona che lo prende e gli trova un posto in un monastero. Racconterà poi Jorginho: "Eravamo in sei in una stanza, ci siamo stati per 18 mesi, e la paga era di 20 euro a settimana. I monaci erano gentili e il cibo molto buono". Però lui non regge e vuole mollare, ma c’è l’allenatore più duro e dolce al tempo stesso ad aspettarlo, la mamma: "Se molli a casa non torni, resisti e sarai ripagato".

Il resto è una storia che parte dalla Sambonifacese in C2 dove a 19 anni gioca 31 partite, fino al tetto d’Europa, quella per club, e la finale di Euro2020 passando per Verona, Napoli, Chelsea.

Il primo a dargli fiducia è Mandorlini al Verona. Poi va a Napoli e la storia è la stessa, al punto che Sarri quando si trasferirà al Chelsea chiederà a Roman Abramovich di spendere 60 milioni di euro pur di portarlo a Stamford Bridge. E lì Jorginho si tolgie la prima soddisfazione europea vincendo l’Europa League. Anche lì però deve fare i conti con la legione degli scettici, non basta che lui con la palla tra i piedi pensi a cosa succederà due secondi dopo, ragionando sempre e comunque sulla traiettoria da ko. No, ci sarà sempre un Rio Ferdinand a dire scempiaggini tipo: "Ha fatto assist? Nessuno in duemila passaggi... E’ solo uno che detta i ritmi del gioco", che più o meno è come dire di Lewis Hamilton è solo uno che corre in macchina.

Certo, poi anche lui come tutti noi, ha bisogno delle condizioni ideali per rendere al meglio e non è un caso che Jorginho renda al meglio quando ha la possibilità di esprimersi attraverso gli schemi di tecnici di una ’etnia’ calcistica particolarmente raffinata nell’inizio azione e nella gestione della palla: Sarri, Mancini, Tuchel. Certo non Lampard, che guarda caso fa flop.

Il massimo per Jorginho è imbattersi in uno stile di gioco sofisticato ed elaborato nell’uscita dal pressing o nell’impostazione, sempre in situazioni tecniche di pregio assoluto, con o senza la palla. E cioè con compagni tipo Verratti o Hamsik. "Jorginho è lento" diceva qualcuno tempo fa. Ora, magari, non lo dirà più, mentre il ragazzo di Imbituba sogna il Pallone d’Oro scacciando subito quel pensiero.