Mercoledì 24 Aprile 2024

Draghi in campo, si va verso le porte chiuse

Gravina ha chiesto al Premier di evitare lo stop della serie A: probabili invece gli stadi senza pubblico per contenere i contagi

di Paolo Franci

"Presidente Gravina, il calcio cosa intende fare?". Il quesito del premier Mario Draghi arriva al termine di un colloquio pomeridiano cordiale e disteso con il ’ministro del pallone’ Gabriele Gravina. Quest’ultimo, ancora una volta ’bussola’ del governo sulle complesse vicende del pallone. Una telefonata senza alcuna pressione interventista del premier, poi definita dalle parti: "esplorativa, informativa e collaborativa". In sostanza, una riflessione sul senso di responsabilità e il da farsi in un momento in cui il maledetto virus morde e fa male.

Draghi ha ragionato, con Gravina, sulla crescita esponenziale del contagio e su quanto gli stadi rappresentino, purtroppo, un luogo a rischio per trasmettere il virus, considerando il livello di contatto e assembramento. "Dunque, presidente, il calcio come intende confrontarsi con questa situazione?" è stata la richiesta di Draghi, alla quale Gravina ha risposto ricordando che il calcio s’è già fermato, tutto, dalla Serie B fino ai dilettanti per riprendere in linea di massima a fine mese. L’unico campionato a non aver dichiarato lo stop è stato quello di Serie A ma, ha spiegato Gravina, è anche vero che è quello che più di tutti soffre di problemi di calendario, dovendo fare i conti in stagione con i tanti impegni delle coppe europee e della Nazionale. E uno stop anche di due sole settimane potrebbe essere implosivo per l’intero sistema, considerando le risorse che arrivano dalla Confindustria del pallone ai campionati minori. In sintesi estrema: "Fermarsi potrebbe essere fatale, presidente Draghi" è il messaggio che arriva dai club attraverso Gravina.

E allora, il colloquio è virato sull’ipotesi delle porte chiuse, che certo il governo non esclude come provvedimento per i prossimi giorni. Perchè poi - se i contagi si possono contenere con i protocolli nei club - impossibile tenere sotto controllo le tribune di dieci stadi nel Paese con il livello di contagio di Omicron. Gravina ha detto a Draghi che già ora gli impianti del pallone sono al 50% del pubblico e che si sarebbe fatto promotore del messaggio del governo presso l’assemblea di Serie A, in corso proprio in quel momento.

Il numero uno della Figc ha rappresentato alla Lega di A l’ipotesi di valutare un atto di “autoriduzione“ della capienza negli stadi per due-tre giornate, in modo da dare un segnale forte di responsabilità rispetto alle preoccupazioni del governo. Ma non c’sè stato dibattito sul "come" perchè l’orientamento dei club, già alle prese con i problemi economici che comporta la riduzione delle capienze al 50%, è quello di andare avanti. Una scelta comprensibile per chi deve far quadrare i conti, ma forse politicamente poco redditizia perchè è chiaro il rischio di un intervento del governo fino alle porte chiuse. Dalla Lega di A si chiedono, però, come mai l’Inghilterra - campionato di riferimento per tutti, in Europa - che pur flagellata dal virus molto (ma molto) più di noi, pur dovendo combattere con focolai nelle squadre e rinvii di partite, non abbia abbassato la capienza degli stadi, lasciandola al 100%. E in effetti, anche questo è vero. Cioè, osservano in Lega, se molte delle limitazioni sono state sdoganate - fino alla quarantena con isolamento - attraverso terza dose e mascherine Ffp2 perchè questo non deve valere anche il calcio?

Il tutto mentre si attendono le decisioni del giudice sportivo sulle gare non disputate - arriveranno, ma senza fretta e sarà 3-0 a tavolino, poi ci saranno i ricorsi - e , soprattutto, si valuta il da farsi sulle partite a rischio di domani. Per i match di Torino e Udinese l’idea è di farli slittare a lunedì in modo da superare senza ulteriori problemi le quarantene decise dalle Asl per i cell’ultima giornata. Ma ieri sera l’Udinese ha avuto la brutta notizia di altri cinque positivi.