Mercoledì 24 Aprile 2024

Da Divina a Eterna, Fede cinque Olimpiadi

La Pellegrini stacca il pass per Tokyo. Aveva detto: "Voglio andarci solo se faccio il tempo". E ieri ha centrato il traguardo storico

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di Leo Turrini

Una Fede infinita. Suona bene, no? Cinque Olimpiadi sui 200 metri. Come Pietro Mennea, che invece di nuotarla la correva, la distanza. E ci sta, ci sta tutto l’accostamento tra due icone meravigliose dello sport italiano e mondiale. Generazioni distinte e distanti, storie non sovrapponibili se non per l’amore, intenso e unico, nutrito dall’una e dall’altro per ciò che sanno fare. Splendidamente.

Una Fede infinita, davvero. Ieri, ai bordi della piscina di Riccione, teatro degli Assoluti Primaverili, tutti gli occhi (degli addetti ai lavori, niente pubblico sugli spalti) erano puntati sulla Pellegrini.

Non che si tratti di una novità, anzi, per il personaggio è la norma: da quando era adolescente, la campionessa veneta è al centro di un vortice mediatico. Troppo forte, troppo popolare, fatalmente lontana da una sottile linea grigia: con Fede la via di mezzo non esiste, punto e basta.

Eppure, forse stavolta qualcosa di diverso c’era. Perché gli anni passano per tutti, anche per i Fenomeni. E in più ci si era messo di mezzo il nemico subdolo con il quale il mondo intero convive da oltre un anno.

Il virus.

IL COVID. Nel 2020, il Covid non aveva risparmiato la Sirenetta Azzurra. La malattia le aveva impedito di conseguire in acqua il lasciapassare per Tokyo, l’Olimpiade slittata di dodici mesi sempre causa pandemia.

Lì era successa una cosa persino ovvia. Considerata la situazione, la Federnuoto aveva comunque garantito alla Pellegrini l’iscrizione ai Giochi. Poteva essere una stagione senza tensioni, di preparazione, in vista del traguardo. Ma qui era entrato in gioco l’orgoglio della Regina: non voglio favori, aveva spiegato subito. Il biglietto per l’Olimpiade me lo prenderò in acqua. Vincendo la sfida con il cronometro.

L’IMPRESA. E così, eccola qua. In vasca a Riccione. Tra pensieri, rimpianti, timori. Sola contro il destino. Pronta a tuffarsi per riafferrare il filo di una storia inaugurata diciassette anni fa, ad Atene nel 2004. Allora Fede prese l’argento con il broncio, pagò dazio alla emozione finendo seconda in una gara che poteva vincere. Si rifece quattro anni più tardi a Pechino, con l’oro della consacrazione. Così scintillante da far sbiadire le amarezze relative di Londra e Rio, quando comunque entrò in finale.

E adesso, Tokyo! Ieri Federica, anni trentadue, ha cominciato a prenotare l’ennesima finale olimpica, sarebbe la quinta. Ha messo il sigillo della burocrazia fermando i cronometri sul tempo che serviva. 1’56”69. Ennesimo titolo italiano. E il biglietto per il Giappone. L’emozione che fa battere il cuore.

LA REAZIONE. Federica è spuntata dall’acqua mostrando le cinque dita della mano. In piscina, la cinquina olimpica è riuscita a un mito come Phelps e all’altra statunitense Torres, ma qui siamo italiani e torna il richiamo alla leggenda di Mennea. Fatica, tormento, passione, fantasia, perché ci vuole sempre anche quella. In breve: l’Italia migliore.