Mercoledì 24 Aprile 2024

"Conte, attento alla Juve: ci crede ancora"

L’analisi di Bergomi: "Il campionato non è chiuso. Analogie tra la mia Inter e questa? Grandi difese, ma noi avevamo il più forte: Ronaldo"

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di Mattia Todisco

Nel motore dell’Inter capolista c’è un giocatore che più di altri si è preso la scena. Romelu Lukaku ha segnato domenica scorsa a Torino il gol numero 59 con i nerazzurri, tanti quanti il Ronaldo brasiliano con la stessa maglia. Due campioni diversi, imparagonabili perché pochi nella storia del gioco valgono il livello del brasiliano, il cui arrivo a Milano è stato raccontato da Matteo Marani per Sky nel documentario "Fenomeno Ronaldo". Testimone privilegiato delle prodezze di allora è stato Beppe Bergomi, capitano in quella prima stagione italiana del celebrato compagno di squadra.

Facciamo un confronto tra quella Inter e la capolista odierna.

"Ci sono delle similitudini. Anche la nostra squadra era basata su una fase difensiva fatta bene, Gigi Simoni aveva costruito le basi sapendo che davanti aveva Ronaldo, ma anche Zamorano, Djorkaeff, Moriero, il primo Ganz. Giocatori che potevano risolvere la situazione. Non siamo riusciti a vincere il campionato, ma la Coppa Uefa sì e siamo entrati nel cuore della gente".

Voi avete dovuto gestire il doppio impegno, l’Inter è uscita presto dalla Champions. Che differenza c’è?

"Cambia qualcosa in questa stagione, perché è compressa. Io sono però convinto che è sempre meglio rimanere dentro le coppe: toglie qualcosa, ma battere una grande d’Europa ti dà grande autostima. Le rose di oggi con 25 giocatori, se non sei falcidiato dagli infortuni, il doppio impegno lo reggono. Dall’altra parte dico che se sei in Europa League giocare il giovedì è più difficile".

Possiamo dire che certamente sono diversi tra loro i due tecnici, Simoni e Conte.

"Sfatiamo un mito: Simoni non era un tenero nelle riunioni o negli allenamenti. Fuori comunicava in maniera differente, ma anche lui era un tipo tosto".

Cosa voleva dire avere Ronaldo in squadra?

"Poter contare sul giocatore più forte del mondo. Una tecnica in velocità che nessuno aveva, in quel periodo il più avanti di tutti. Sapevi che prima o poi ti risolveva la partita. Faceva innamorare la gente, si andava allo stadio perché ti poteva sorprendere con una giocata. Simoni ci diceva sempre che eravamo tutti uguali tranne uno. Ogni tanto gli concedeva di fare l’allenamento non al 100%. Aveva tanta pressione addosso, per cui doveva anche scaricarla".

La vostra rivale in campionato è stata la Juventus. Quest’anno sarà il Milan o i bianconeri?

"Penso la Juventus perché ci sono ancora lo scontro diretto e il recupero col Napoli. In ogni caso il campionato non è ancora chiuso".

Moratti, nel documentario di Sky, dice che dopo la Coppa Uefa vinta c’era l’impressione che si poteva vincere tutto. Per vari motivi non è successo, questa squadra può farlo?

"C’è tanta concorrenza, per cui è difficile. I nove anni della Juventus dipendono anche dal fatto che Inter e Milan non ci sono state. Si sono alternate Roma e Napoli, ma senza nulla togliere a loro le maglie pesano meno di quelle nerazzurra o rossonera. Si può pensare di essere sempre protagonisti, aprire un ciclo dipende tanto anche da quel che succederà in società".

In generale, a livello europeo, possiamo pensare di rivedere un’italiana al vertice in tempi brevi?

"Per ora siamo indietro per mentalità, velocità di palla. Le nostre partite sono molto tattiche e questo rallenta l’intensità. Inter, Milan e Juventus pesano tanto a livello europeo, se non ci sono è difficile. Dirò sempre grazie all’Atalanta per quel che ci sta facendo vedere, ma se trovano il Real non è facile. Cambia molto anche il discorso arbitrale, in Europa vedi 12-13 falli a partita, in Italia tante volte i giocatori si gettano a terra e urlano".