Mercoledì 24 Aprile 2024

CHIESA

Abbiamo ritrovato un golden boy. Forza e classe da sogno

di Paolo Grilli

Eternamente condannati a rimpiangere i fuoriclasse dei tempi che furono, gli italiani con il cuore nel pallone ora hanno trovato forse non ancora un campione conclamato, ma qualcosa che gli somiglia molto. Ovvero, chi riesce in un secondo a ribaltare una partita, a segnare un gol contro le forze della logica e le inerzie del destino: Federico Chiesa. Contro l’Austria e la Spagna, la saetta bianconera ha griffato due partite maledettamente in salita, e lo ha fatto con una combinazione di potenza ed estro che è facile riassumere nel concetto di classe.

Fede è come le ninfee. La sua presenza è splendida e dominante su tutto il contesto, cambia d’aspetto al mutare della luce (leggi: le fasi della gara) e irrimediabilmente conquista con le sue infinite sfumature. Queste piante dai fiori generosi scatenarono il genio pittorico di Claude Monet, che prestò il suo impegno per 250 dipinti sul tema. Troppo forte, per il suo animo d’artista, la tentazione di carpire ogni magico momento regalato da questo mutevole soggetto. Un dono e una forza della natura. Come Chiesa, giocatore che nell’era della tattica più esasperata sa rompere gli schemi con i suoi strappi, la sua sfrontata missione di dover puntare la porta sempre e comunque.

Qualche dubbio, questo talento che ha dovuto portare sulle spalle anche il peso di avere un padre campione – alzi la mano chi sostiene che sia un vantaggio essere chiamati a ripeterne le gesta – col tempo se lo era trascinato. Negli anni della Fiorentina era apparso chiaro come Fede avesse una, se non due marce in più rispetto ai migliori coetanei già sui più grandi palcoscenici del calcio italiano. Ma era emersa anche una certa difficoltà nell’inquadrare la porta (la lucidità in area non era certo pari all’impeto).

L’ultima stagione in bianconero ha dissipato ogni residuo scetticismo su Fede. Si può ben dire che sia stato il bianconero più determinante e più costante nell’ultima sofferta annata targata Pirlo. Soprattutto, il suo rendimento in termini realizzativi è stato al di sopra di ogni dubbio. In più, Chiesa ha saputo confermare un suo talento inestimabile, quello di saper giocare indifferentemente a sinistra o a destra, mantenendo inalterata la sua capacità di affondare il colpo nelle malcapitate difese avversarie.

Anche in azzurro il percorso del numero 14 è stato in crescendo.

Ha esordito con Di Biagio contro l’Argentina tre anni fa a Manchester, e la sua seconda presenza fu proprio contro l’Inghilterra (a Wembley...) quando finì 1–1. Solo alla 17esima partita con la Nazionale, Federico ha trovato il gol: eravamo nel novembre di due anni fa, quando arrivò il 9-1 all’Armenia che chiuse le qualiifcazioni a Euro 2020.

Mancini non ha mai voluto rinunciare a Fede, ma ha saputo inserirlo con gradualità nello splendido meccanismo azzurro. Nell’ultimo anno, proprio dopo quell’Italia-Armenia, Chiesa non ha mai giocato per tutti i 90 minuti e prima dell’Europeo è subentrato dalla panchina in metà delle occasioni. Anche in questo torneo, Federico non è partito titolare. Lo è diventato a scapito di Berardi solo col Galles, a qualificazione per gli ottavi già acquisita. Poi sappiamo com’è andata. Il bianconero è diventato l’uomo della provvidenza, il terminale cui affidarsi per ingigantire il nostro sogno. E per chi volesse godersi il personaggio a tutto tondo, vale la pena di seguire le sue interviste nel dopo gara: spontanee, sorridenti, mai banali. Persino forbite, quando deve mettere in mostra il suo inglese impeccabile per i media stranieri.

Sì, lui è il ragazzo d’oro che l’Italia intera si coccola. Chiesa è troppo forte, Chiesa è... ecumenico.