di Leo Turrini Ieri Gigi Buffon ha apposto la sua preziosa firma sotto il contratto che lo legherà al Parma fino al 30 giugno 2024. Continuerà a giocare fino a 46 anni suonati. E non è detto che quello sia il traguardo ultimo: l’eternità è dietro l’angolo. Faccio presto a dire e scrivere che non sono sorpreso. Semmai, sono vagamente commosso, ammesso interessi qualcosa al lettore in transito su queste righe. Ho conosciuto Gigi nel secolo scorso. Sul serio. Andavo a trovare il mio amico Carlo Ancelotti, allora allenatore del Parma di Tanzi. Carlo era un fanatico di Formula Uno e con me voleva parlare solo di Ferrari e di Michael Schumacher. Ma un giorno mi indicò il portiere di riserva, riserva del titolare che si chiamava Bucci: tieni d’occhio quel ragazzo, mi disse il mister. Entrerà nella storia del calcio. Ci sono, in ogni settore della vita nostra, visionari che hanno visioni sbagliate. Ma Ancelotti aveva ragione, come i tabellini di innumerevoli partite si sono incaricati di dimostrare. Io voglio bene a Buffon non per quello che ha vinto. Questo conta poco: le statistiche sono piene di campioni intramontabili, che hanno collezionato trofei, accumulato trionfi, raccolto meritatissimi elogi. No. Io voglio bene a Gigi perché ricordo l’adolescente di quegli allenamenti a Parma, rammento la vivacità che si esprimeva nei suoi sorrisi, ho memoria del giovanotto che mi chiedeva, anche lui!, della Ferrari. Buffon, non per caso, un giorno mi raccontò che aveva deciso di farsi portiere perché durante i Mondiali di Italia90 si era perdutamente innamorato di N’kono, il guardiano della rete del Camerun. E lui era rimasto incantato ad ascoltarmi, quando gli avevo descritto i voli di N’kono durante una sfida fra l’Inghilterra e i Leoni d’Africa. E insomma, qui lo dico e lo confermo. Mi lascia indifferente il curriculum agonistico di Buffon. Lui e Zoff ...
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