Venerdì 26 Aprile 2024

"Bravo Mazzanti, l’Italia è uno spettacolo"

Marco Bonitta guidò le azzurre all’unico titolo iridato vinto, nel 2002. E a Rio lanciò molte delle ragazze che ora cercano il bis

Migration

di Doriano Rabotti

Lui li conosce tutti bene. E in cuor suo si augura di non rimanere solo: Marco Bonitta è l’unico ct azzurro capace di vincere un mondiale nella pallavolo femminile, ormai venti anni fa. Ma era il tecnico azzurro anche alle Olimpiadi di Rio nel 2016, dove portò sette giocatrici che oggi fanno parte anche della rosa di Mazzanti. Allora quasi tutte erano ragazzine, oggi sono campionesse affermate, che domani nei quarti affronteranno di nuovo la Cina appena battuta.

Bonitta, quanto sente sua questa nazionale?

"Sicuramente mi sento molto coinvolto e faccio un grande tifo, perché le azzurre stanno giocando una bella pallavolo dimostrando di non essere totalmente dipendenti da Egonu".

Lei aveva visto lungo, lanciando a Rio 2016 tante di loro...

"C’erano sei giocatrici sulle sette titolari di adesso, in pratica c’è solo una tra Pietrini o Bosetti al posto della Delcore. Devo dire che molte di loro furono un po’ buttate all’arrembaggio, però poi hanno dimostrato di meritare la fiducia. Diciamo che come per il gruppo che avevo ereditato e che vinse il mondiale di Berlino, anche in questo caso c’era un primo step fatto da un altro ct".

Si rivede in Mazzanti?

"Con Davide c’è un bellissimo rapporto, di stima, ci messaggiamo spesso. In azzurro ha iniziato con me, praticamente, nel 2005. Me lo segnalarono Galli e Micelli. Fece due stagioni da assistente e fu lì che conobbe anche Serena Ortolani, che poi è diventata sua moglie. Ma siamo diversi".

In che cosa?

"Io ho un’impostazione forse quasi militaresca, all’antica, lui fa parte di una generazione diversa, comunica in modo più equilibrato di me".

Oggi è una caratteristica vincente dei ct, la comunicazione soft. Sono cambiati gli atleti?

"Penso proprio di sì, io ne sto prendendo atto e cerco di cambiare in questo senso. È abbastanza chiaro che le nuove generazioni sono più adatte a ragionare in questo modo".

Rispetto al suo mondiale, in questi tempi la vera novità è la presenza dei social.

"Vero, ed è un disastro, hanno un peso devastante. Anche noi allenatori tendiamo inconsciamente ad ascoltare quello che dicono di noi, ma a volte chi critica esagera. I giovani di oggi forse sono meno strutturati per sopportare le offese, io cerco di spiegare che chi scrive certe cose probabilmente sta giudicando se stesso attraverso le parole cattive che rivolge agli altri. Ma non è facile per niente, dare il giusto peso a quelle parole".

Essere favorite è un peso?

"No. Io vedo un gruppo che sta vivendo con piena consapevolezza la propria forza, sa che se viene indicato come uno dei due-tre più forti è perché ha dimostrato sul campo di esserlo, tra Europei e Nations League. Vivono questa pressione con serenità, è importante".

Lei a Ravenna allena Alessandro Bovolenta, figlio di Vigor, che pure fu un suo allievo.

"Sì, Ale quest’anno giocherà titolare in A2 con noi".

Al di là della somiglianza fisica e nelle movenze, il ragazzo sembra avere la testa giusta.

"Ce l’ha. Ale è un ragazzo diverso dalla media, come persona. L’ho conosciuto da piccolo, nel carattere somiglia più a sua madre: Federica ha fatto un lavoro ottimo, trasmettendo la capacità di non piangersi addosso dopo la morte di Vigor. Ale è forte anche nella volontà di rivendicare una sua identità: rispetta tantissimo suo padre, ma ha voluto un numero diverso e gioca in un ruolo diverso".

Secondo lei è pronto per la nazionale maggiore?

"Dopo questa stagione in A2 con noi e dopo il mondiale juniores dell’anno prossimo, secondo me potrà giocarsi le sue carte per Parigi, sì".