Mercoledì 24 Aprile 2024

Addio Bollettieri, maestro dei numeri uno

Il coach di origine italiana è morto a 91 anni: da Agassi alle Williams, la sua innovativa Accademia ha forgiato dodici dominatori del ranking

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di Paolo Grilli

Per i detrattori, quelli che non mancano mai quando sei un grande, a fatica sapeva imbracciare una racchetta. Sospetto fondato: non giocò neppure un torneo nella sua vita. Ma Nick Bollettieri, scomparso a 91 anni, il tennis l’ha rivoluzionato. I numeri sono incontestabili, da dominatore silenzioso di un movimento, da vero deus ex machina. Dodici i numeri uno al mondo forgiati fin da piccoli dalla sua Accademia nel cuore della Florida, 55 campi distribuiti in 250 ettari che non è arduo definire la fabbrica del futuro. Cinquantadue i titoli Slam conquistati dai suoi allievi, 650 i dipendenti di una struttura che molti hanno cercato di replicare in giro per il mondo, senza riuscirci.

Di origini napoletane, il ‘Re del tennis’ – soprannome avuto per meriti acquisiti – è stato il più classico dei self made man. A New York, fine anni ’70, passione e investimenti nello sport non potevano avventurarsi oltre la triade basket-football-baseball. Con una laurea in filosofia in tasca, Nick scese più a sud, nello stato più soleggiato degli Usa, per fondare quella scuola che ha fatto scuola. Si trattava di portare il tennis in un’altra dimensione, curando maniacalmente ogni aspetto della crescita dei talenti, smashando senza ritegno contro il romanticismo e la nobiltà che questo sport continuava nostalgicamente a conservare.

“Corri e tira“. E’ il comandamento che hanno dovuto seguire, superando i propri limiti, tutti quelli che hanno varcato la soglia dell’Accademia a Bradenton. Con sudore e lacrime, senza scorciatoie. Tirati su in maniera militaresca da uno, Nick, che aveva fatto il Marine e che, nel frattempo, aveva collezionato otto mogli: l’evidenza della sua allergia al compromesso, ma anche del valore altissimoche attribuiva all’errore. Un elemento inevitabile dell’esistenza, teorizzava, e l’unico in grado di migliorare una persona.

Agassi, Becker, Sampras, Courier, Rios, Hingis, Capriati, Seles, Sharapova, Serena e Venus Williams, Jankovic. I magnifici dodici che si sono avvalsi della disciplina e della mentalità promosse da Bollettieri bastano e avanzano, ciascuno col proprio numero 1 raggiunto nel ranking, per rappresentare l’Olimpo del tennis moderno. Chi ha descritto più di ogni altro come si vive nell’Accademia è stato Agassi nel suo libro autobiografico di culto, ‘Open’. Il ribelle della racchetta – obbligato nei suoi anni in Florida a utilizzare il rovescio a due mani, più ’attuale’ – non ha lesinato critiche al metodo del coach dei coach, al limite dello spietato nello spremere i talenti. Affidarsi al maestro significava immergersi in un’organizzazione tipo college, e non a caso l’Accademia, ora ribattezzata Img, è un campus a tutti gli effetti. "Ha dato a tanti la possibilità di vivere il proprio sogno. Ci ha fatto vedere come la vita può essere vissuta al massimo, grazie Nick", il post commosso di Agassi dopo la notizia della morte del suo mentore.

Bollettieri dichiarava che la mente è quasi tutto, per un giocatore. Senza giri di parole, affermò che una come la Sharapova arrivò sul trono Wta grazie alle sue doti motivazionali, più che a quelle fisiche. Lui era soprattutto un visionario. Quando vide palleggiare proprio Agassi ragazzino sui suoi campi, gli ci vollero giusto due scambi per aprirsi in un grande sorriso: aveva già capito di avere tra le mani un futuro numero uno. E poi, ha cresciuto altri top player senza snaturarne le doti tecniche, come Sampras e Becker. Ora tutti piangono il vecchio maestro.