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Diventare madre dopo un tumore al seno, cresce la speranza

In casi selezionati è possibile sospendere le cure per cancro mammario, portare a termine la gravidanza e poi riprendere i trattamenti

14/01/2023

Solo il 5% delle donne colpite da tumore al seno prima dei quarant’anni diventa madre dopo la malattia, ma uno studio presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium in Texas negli Usa ha dimostrato che è possibile, in molti casi, sospendere le cure, portare a termine una gravidanza, preservare la fertilità, per poi riprendere i trattamenti, sempre assistite dal team di oncologia. Fino a pochi anni fa, in presenza di una diagnosi di cancro mammario, i medici raccomandavano di interrompere una eventuale gravidanza appena iniziata, e di cambiare progetti per il futuro. Una delusione fortissima, dunque, per quanto riguarda la pianificazione familiare, centinaia di giovani donne che desideravano diventare madri hanno perso l’occasione buona perché la scoperta di un nodulo al seno metteva in moto una serie di provvedimenti, ma d’ora in poi le cose andranno diversamente.

 

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Pause durante la terapia

Lo studio Positive ha dimostrato che sospendere la terapia ormonale per 2 anni non aumenta il rischio di recidiva: il 74% delle donne ha avuto una gravidanza e il 64% l’ha portata a termine. “Ma vanno migliorati i percorsi dedicati alla prevenzione dell’infertilità in tutte le regioni” ha spiegato Lucia Del Mastro, ordinario di oncologia all’Università di Genova, ospite della conferenza stampa promossa da Intermedia sull’oncofertilità. L’ospedale San Martino del capoluogo ligure è uno dei centri che favorisce questo nuovo corso, che riesce a conciliare in sicurezza la voglia di maternità e le cure oncologiche per cancro mammario.

 

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Recettori ormonali

A rendere possibile questo cambio di paradigma in sicurezza, che concilia maternità e temporanea sospensione delle cure per tumore al seno, è stata la ricerca che ha coinvolto 518 donne (sotto i 42 anni) con carcinoma mammario in stadio iniziale positivo per i recettori ormonali. In questi casi, la terapia endocrina viene somministrata per ridurre il rischio che la malattia si ripresenti e il tasso di recidiva a tre anni è stato dell’8,9%.

 

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Rete di specialisti

L’invito a potenziare la rete italiana di oncofertilità è venuto dal congresso Back From San Antonio che si è tenuto a Genova. “All’incirca nel 70% dei casi, il carcinoma della mammella presenta recettori ormonali positivi e richiede per un periodo di cinque anni il trattamento con terapia endocrina, che riduce il rischio recidiva ma sopprime la funzione ovarica, dunque la possibilità di avere un figlio”, ha spiegato la professoressa Del Mastro. Per la prima volta, lo studio Positive evidenzia che, dopo un anno e mezzo, è possibile sospendere la terapia endocrina per due anni per avere un figlio e poi riprendere il trattamento. Sono state osservate anomalie congenite nel 2% dei bambini, simile alla popolazione generale, e il 60% delle donne ha allattato.

 

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Ovaie e chemioterapia

A Genova si è definita una delle tre principali tecniche di preservazione della fertilità, cioè l’utilizzo di farmaci, analoghi LH-RH, per proteggere e mettere a riposo le ovaie durante la chemioterapia. Le altre tecniche di procreazione medicalmente assistita in oncologia si fondano sul prelievo degli ovociti, da conservare in azoto liquido, e sulle banche di tessuto ovarico.

 

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