Venerdì 3 Maggio 2024

Consultazioni Quirinale, a fari spenti senza maggioranze

Il presidente Mattarella chiede senso di responsabilità che porti a un accordo. Per ora i partiti fanno tattica, ma per arrivare alla formazione di un nuovo governo occorreranno rinunce

Matteo Salvini al termine delle consultazioni al Quirinale (Lapresse)

Matteo Salvini al termine delle consultazioni al Quirinale (Lapresse)

Roma, 5 aprile 2018 - Il giorno clou delle consultazioni certifica quello che già era noto, ma che non tutti facevano mostra di sapere: ci sono partiti che hanno ottenuto "un significativo incremento di voti alle elezioni" ma nessuno ha la maggioranza. E' stato proprio il presidente Mattarella a usare queste parole alla fine dei colloqui nel suo studio alla Vetrata, e siccome in certi ambienti i termini scelti hanno un peso, il messaggio che il Capo dello Stato ha voluto mandare ai partiti, specie ai due che vanno ripetendo di "aver vinto le elezioni", è che occorre uno sforzo di realismo che passa prima di tutto dall’abbandono della retorica da campagna elettorale per l’adozione invece di una logica più "responsabile" (un aggettivo che nel lessico mattarelliano vuol dire moltissimo) che conduca alla ricerca di accordi e intese programmatiche.

La situazione apparente è di stallo, tant'è che Mattarella ha accordato una settimana di riflessione alle forze politiche, ma qualche movimento si inizia a vedere. Si è capito per esempio che per il momento il Pd se ne starà davvero fuor dai giochi, e se rientrerà nella partita sarà solamente a fine gara nel caso Mattarella dovesse prendere in mano la situazione visto il fallimento delle trattative precedenti. Fino ad allora la scena è appannaggio principalmente di Movimento 5 Stelle e Lega, con terzo incomodo Berlusconi. Si è poi capito che Cinquestelle e Lega hanno meno voglia di correre al voto di quanto vadano dicendo pubblicamente, e che la possibilità di governo – specie per i grillini – viene considerata un’occasione da non sprecare, una di quelle che potrebbe non ricapitare. Certo, ci sono le impuntature reciproche tra i tre player in campo ma per quelle servirà il tempo, e vedremo se basterà. Si è capito anche che per il momento – almeno fino alle regionali di fine mese – la Lega non può abbandonare Forza Italia, e non la mollerà. Si è capito pure che per adesso i grillini tengono duro su Di Maio premier, ma che lo stesso capo politico potrebbe andare in difficoltà all’interno del suo schieramento su una difesa a oltranza della propria posizione: gli altri hanno ceduto qualcosa (Salvini), lui, Di Maio, che cosa è disposto a lasciare sul campo? Manderebbe a monte tutto, rischiando di portare di nuovo le proprie truppe alla roulette elettorale, se gli venisse proposta una posizione più defilata, magari quella di vicepremier in coppia con Salvini?

Siamo ancora alla tattica, e paradossalmente i giochi veri si fanno adesso dopo che è entrato in campo anche l’arbitro della gara, ma quanto emerso finora è stato sufficiente a capire che tutti stanno giocando un po’ d’azzardo non facendosi scrupolo di alzare continuamente a posta, ma che se vogliono che la partita si chiuda i protagonisti devono essere pronti a sostanziose rinunce. Come si conviene quando si pretende di entrare nella stanza dei bottoni senza aver vinto le elezioni.