
Caos in Francia. Repubblicani in rivolta: cacciano il loro leader che appoggia Le Pen
La scena sembra tratta dal teatro dell’assurdo, degna della fantasia di Alfred Jarry e del suo ‘Ubu Roi’. Manca poco a mezzogiorno in piazza di Palais Bourbon, alle spalle dell’Assemblea Nazionale dove c’è la sede dei Républicains. Il clima è acceso, volano commenti al vetriolo dopo che il presidente di Lr Eric Ciotti ha annunciato di aver stretto alleanza con il Rassemblement National di Marine Le Pen.
Scandalo, allarme, proteste. Nessuno, a parte pochissime eccezioni, accetta quell’accordo preso alla chetichella, senza che i dirigenti del partito ne fossero informati. Tutti gridano allo scandalo e chiedono a gran voce le dimissioni di Ciotti il "traditore", l’uomo che ha firmato il "patto col Diavolo". L’aria è brutta, Ciotti è già stato strattonato in mattinata da alcuni giovani dell’Unione studenti ebrei di Francia: eccolo dunque davanti al computer che scrive una mail indirizzata ai collaboratori presenti negli uffici: "Ordine di evacuare la sede del partito. Fra dieci minuti tutti fuori". L’obiettivo, dice, è proteggere gli impiegati da eventuali incursioni. Sta di fatto che alle 12 in punto il portone viene chiuso, mentre Ciotti che resta dentro. Gli altri, disorientati, vagano nella piazza, poi chiedono rinforzi ai colleghi e vanno a riunirsi in un locale poco distante. Ci sono il direttore della comunicazione di Ciotti, il direttore dell’ufficio studi, i consiglieri, diversi parlamentari, la vicepresidente di Lr Annie Gévenard, il presidente del Senato Gérard Larcher, la presidente della regione Ile-de-France Valérie Pecresse. Insieme danno vita ad un tribunale politico che emette un verdetto categorico: Ciotti è escluso dal partito, al suo posto sono nominati ad interim la Gévenard e il capofila Lr alle europee, François-Xavier Bellamy.
Ma c’è un doppio problema. Il primo è che Ciotti replica che nessuno è autorizzato ad estrometterlo, visto è stato eletto dai militanti alle primarie. Il secondo è che le liste elettorali con nomi e recapiti dei potenziali candidati alle legislative sono rinchiuse nei cassetti dell’ufficio in cui è rinchiuso Ciotti, e c’è tempo solo fino a domenica per completare l’elenco.
Situazione paradossale: "Ci appelleremo alla procedura prevista contro gli squatter", ironizza un deputato. Morale della storia: Ciotti chiederà alla magistratura di dichiarare illegale la sua esclusione, e per quanto riguarda le elezioni verranno candidati tutti i parlamentari uscenti. Contro Ciotti, nel suo stesso collegio, sarà presentato un candidato alternativo. Mentre era in corso il feuilleton dei militanti cacciati dagli uffici, il presidente Macron animava in tv una conferenza stampa per fare il punto sulla situazione. Ha dovuto indire elezioni anticipate - ha spiegato - per evitare il caos politico: "Domenica scorsa le maschere sono cadute, tutti hanno constatato che i partiti estremisti sono arrivati al 50 per cento. In queste condizioni non è possibile governare il paese".
Ci sono alleanze scellerate, ha aggiunto il presidente, a sinistra e a destra, nate sul terreno dell’equivoco e delle contraddizioni. Come possono presentarsi insieme l’ultrasinistra di Mélenchon e i socialisti di Glucksmann che la pensano in modo opposto su temi essenziali? E come possono i Républicains andare d’accordo con l’ultradestra antisemita e filo-putiniana? Macron, che ha davanti tre anni all’Eliseo e non si sogna nemmeno di dimettersi, ha lanciato un appello ai "socialdemocratici, radicali, ecologisti, cristiano-democratici, gollisti e, più in generale, ai compatrioti e leader politici che non si identificano con la febbre estremista. Insieme - ha concluso – dobbiamo costruire una nuova maggioranza".