Roma, 18 aprile 2025 – Alla fine la frase-chiave per leggere l’incontro tra la presidente del Consiglio italiana e il presidente statunitense potrebbe essere “reality check”, un “confronto con la realtà” che vale per entrambi.
Per Giorgia Meloni si tratta della presa d’atto della sua impossibilità di fare un accordo “in nome dell’Unione europea” (come lei stessa ha chiosato), riportando la sua visita al tentativo di “aiutare a trovare un accordo” – che non è affatto scontato. Peraltro, non si capisce come mai l’Italia di Giorgia Meloni dovrebbe essere un interlocutore più agevolato di altri, visto che l’avanzo commerciale della sola Italia con gli Usa vale 50 miliardi di euro annui.

Pur essendo stata l’unica leader europea presente all’inaugurazione del secondo mandato di Trump, non vi sono altri meriti spendibili per la presidente del Consiglio italiana, ma solo “colpe” secondo il metro con cui Trump divide amici e nemici in questa guerra commerciale. Visto che durante l’incontro Trump si è scagliato contro Biden accusandolo di avere permesso a chiunque di “fregarci” (rip off), sorge il dubbio se dietro ai sorrisi presidenziali non ci fossero i denti di uno squalo in cerca di soddisfazione.
Trump punta a indebolire la Ue
Anche per Trump, comunque, il “confronto con la realtà” di ieri può essere stato utile: capire che quando si considera la politica commerciale l’Unione europea è un soggetto unico, dotato di tariffa esterna comune e di regole doganali uniche, negoziate con ogni stato terzo dalla Commissione e approvate dal Consiglio dei ministri Ue che, in questi casi, decide a maggioranza. Una volta che un accordo commerciale è concluso, nessuno Stato membro lo può cambiare in autonomia. Lo schema del presidente di trattare con i diversi Paesi europei per indebolire l’Ue nel suo complesso non è quindi una tattica che può portare a risultati effettivi e, anzi, può risultare dannosa e irritante per tutta l’Unione.
Con tutto questo, tra sorrisi e ammiccamenti, battute e continue interruzioni del padrone di casa quando parlava l’ospite, entrambi si sono detti fiduciosi, con Trump che, addirittura, tra il profetico e l’arrogante, ha anticipato che ci sarebbero davvero pochi problemi a fare un accordo con l’Unione europea o con chiunque altro perché “abbiamo qualcosa che tutti vogliono, e voi sapete cosa intendo”. Non so quanti giornalisti in sala sapessero cosa fosse questo “qualcosa”, vista la frase sibillina non spiegata. Entrambi i leader, insomma, hanno giocato a rimpiattino in assenza del reale interlocutore degli Stati Uniti, che è l’Ue.
L’impegno di Meloni
Meloni ha, da parte sua, semplicemente espresso un impegno ad aumentare le spese militari italiane in ambito Nato e ha invitato Trump in Italia. Trump ha scandito slogan e fatto il suo consueto show. Magari potrebbe anche considerare che ogni guerra commerciale si presenta come un incontro di boxe al quale si va con due sacchi per i pugni, uno per prenderli e uno per darli. Trump non accetta proprio l’idea che qualche schiaffetto dovrà prenderlo. Non fosse altro perché gli Stati Uniti si confrontano con avversari/partner che, sia nel caso europeo sia in quello cinese, hanno una dimensione economica e commerciale più importante e significativa degli Stati Uniti. Trump afferma che “nessuno può competere con noi”, ma confonde la propaganda con la realtà. A patto di restare uniti, si può competere, eccome. Meloni avrà qualcosa su cui riflettere.