Giovedì 2 Maggio 2024

Dolcevita o turtleneck? Storia di un capo intramontabile

Dal Medioevo ad oggi, il maglione a collo alto non passa mai di moda

Adam Driver e Lady Gaga in una scena del film House of Gucci

Adam Driver e Lady Gaga in una scena del film House of Gucci

L'estate sembrava non finire mai, eppure anche quest'anno ha ceduto il posto alle giornate più fredde, determinando un inevitabile cambio non solo delle abitudini, ma anche del guardaroba. Vestiti svolazzanti, shorts e camicie leggere hanno fatto spazio a pantaloni lunghi, collant, giacche pesanti e maglioni di vario genere. Ma non disperiamo. Anche il guardaroba invernale ha il suo fascino e, così come quello estivo, è fatto di novità e capi intramontabili che ci accompagnano da anni e non smetteranno mai di farlo. Immancabili in questa categoria sono maglioni e maglioncini a collo alto.

Dolcevita, turtleneck, polo neck o lupetto?

Un capo così iconico non può che avere un nome romantico nella lingua italiana. Il dolcevita non solo non passa mai di moda, ma, nel corso degli anni, è stato eletto quasi come uniforme personale da molti volti noti. Basti pensare ai tanti look a collo alto di Lady Diana e Audrey Hepburn così come è stato tra i preferiti di Andy Warhol. A dare origine al nome, pare sia stato niente meno che il film di Fellini. Il come però è un po' avvolto nel mistero, e magari il fascino sta proprio qui. L'ipotesi più accredita fa risalire il nome al dandy Pierone, il personaggio felliniano che indossa una maglia a collo alto in una scena seduto al tavolino all’esterno di via Veneto. Altre teorie collegano l'etimologia alla figura di Mastroianni che, sebbene abbia ampiamente indossato questo capo, nel film la dolce vita lo ricorda solamente in una ripresa da lontano in cui sfoggia una camicia nera con foulard in tinta. Se il nome italiano evoca personaggi di altri tempi e uno stile di vita romantico e travolgente, pur lasciando le sue origini avvolte nel mistero, il termine inglese è più diretto ed esemplificativo. Come spesso accade, la lingua inglese va diretta al punto, e il nostro dolcevita diventa “turtleneck”. Questo nella versione americana. Lo stile britannico invece, come si sa, ha regole ben più severe e distingue tra "Polo neck" e "turtleneck", dove il primo ha il collo più alto e risvoltabile, mentre il secondo è più basso. E il lupetto? Come per gli inglese anche in Itlalia le varianti sono due: se è risvoltabile è un dolcevita se non lo è, e arriva intorno a metà gola, si tratta di un lupetto.

Le origini

Caldo e dall'aspetto elegante, il dolcevita non è nato nelle sartorie per soddisfare i bisogni della moda, ma è nato per venire incontro alle esigenze dei cavalieri medievali. L'armatura fatta di maglia metallica infatti, non solo causava irritazioni al collo, non permetteva nemmeno di girare la testa in tempi utili in battaglia. Nacque quindi un indumento per risolvere il problema e proteggere la pelle dalla cotta di maglia. L'ingresso nella moda, tuttavia, si può datare circa una secolo dopo, con l'avvento della gorgiera. Per intenderci quel collo esagerato con pizzi e volant, tipico della regina Elisabetta I d'Inghilterra. Nel 1800 è, invece, il momento dell'introduzione del dolcevita nel mondo dello sport con i giocatori di polo che lo adottano come divisa sul campo. Da qui il termine inglese “Polo Neck”. Dai campi di polo alla vita quotidiana il passo è breve e il dolcevita, grazie alla sua praticità, conquista soprattutto la classe operaia. L'immagine odierna di questo capo, tuttavia, è legata alla fama che ha vissuto negli anni Cinquanta e Sessanta con Jayne Mansfield, Marilyn Monore e Audrey Hepburn, che rendono popolare la versione nera e aderente, sinonimo di eleganza e semplicità, così come in versione maschile contribuisce al fascino di Steve McQueen e Marcello Mastroianni