Tina Anselmi Quando contava la passione

Il memoir della prima donna diventata ministra. L’impegno politico dalla Resistenza fino al governo. .

Tina Anselmi  Quando contava  la passione

Tina Anselmi Quando contava la passione

di Matteo Massi

Tre ragazze su una lambretta. Ida, Tina e Franca. La lambretta era di Franca Falcucci che diventerà ministro dell’Istruzione. Ma Tina, prima di lei, sarà la prima donna ministro nella storia repubblicana (del Lavoro e della previdenza sociale, 1976). A quell’immagine manca una quarta donna, protagonista anche lei di un Paese che dal Dopoguerra, dopo aver scelto la repubblica attraverso il referendum del 1946, provava a gettare le basi per un futuro, immaginandolo. La quarta donna si chiama Lina Merlin, socialista.

Rileggere, scritto in prima persona, il memoir di Tina Anselmi (con Anna Vinci) Storia di una passione politica, è un’esperienza necessaria per capire come eravamo e quello che avremmo potuto essere e non siamo riusciti, in alcuni casi, a essere. Tina identifica il 1958 come un anno significativo non solo per la sua storia personale e politica, ma anche per quella del Paese. Giovanni XXIII è il nuovo Papa e Lina Merlin riesce nella sua impresa politica: far diventare legge l’abolizione delle case chiuse.

Tina Anselmi, Gabriella il nome di battaglia a 17 anni quando diventa staffetta partigiana, ha un papà socialista ma lei si formerà durante la Resistenza sui testi clandestini (all’epoca) di Maritain e Peguy. Entrare nella Democrazia cristiana, dopo il passaggio nell’Azione cattolica, sarà quasi naturale. Ma in questo suo libro di memorie che viene ristampato ora da Chiarelettere e da cui è tratta la fiction che andrà in onda il 25 aprile su Raiuno, colpisce un passaggio su tutti, a proposito di quelle quattro amiche.

"Non posso ripensare alla fine degli anni ’40 – scrive Anselmi – al dialogo accalorato che caratterizzava i rapporti tra noi donne e con uomini e credo diversi. Come sempre alla base c’era una forte tensione morale e la convinzione che il dialogo permette a un paese di progredire; eravamo di idee diverse (lo erano anche Ida, Tina, Franca e Lina, ndr) ma insieme volevamo costruire la pace, la libertà, uno stato sociale".

Basta soltanto questo, guardando la realtà, per farsi prendere dalla nostalgia. E non solo. Il Sessantotto di Anselmi fu il suo debutto in Parlamento, a 41 anni. La prima vera sfida: il referendum sul divorzio. Era il 1974 e la Democrazia cristiana si sapeva da che parte stesse e che parte avrebbe dovuto tenere per dare un’idea di unità dei cattolici. Ma poi c’è la coscienza, al di là dell’appartenenza politica, e qui viene fuori tutta la profondità del pensiero e della figura di Tina Anselmi.

Lei, ricordando quei giorni in cui il Paese si spaccò, disse che fu uno dei crocevia della sua esperienza politica, in cui la coscienza le diede molto da fare. La coscienza, appunto. Due anni dopo sarebbe diventa la prima donna ministro in Italia. Così, passando gli anni più bui, sul tramonto della Prima Repubblica, la campagna del settimanale satirico Cuore che la voleva come presidente della Repubblica, per una volta non suonò come una boutade o un’espressione della satira del tempo. Venne presa giustamente sul serio (e la gente la appoggiò).

Ma era già il 1992 e quella politica cui aveva trasmesso sempre passione e impegno, aveva perso già le sue coordinate: e dal confronto si era passati alla gazzarra. E con le sue coordinate aveva perso anche le sue fondamenta culturali.

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