
Gli alberi sono comunemente ritenuti una spugna naturale per la CO2
Gli alberi che crescono troppo in fretta muoiono precocemente, rilasciando così nell'atmosfera grandi quantità di anidride carbonica. Questo fenomeno, che sarebbe una conseguenza del riscaldamento globale, è stato descritto in uno studio pubblicato su Nature Communications, secondo cui le foreste rischiano di perdere la loro rinomata funzione di stoccaggio della CO2, trasformandosi viceversa in una importante fonte di emissioni. Il lavoro a cura della Leeds University ha preso in esame oltre 200 mila dati relativi agli anelli di accrescimento di svariate specie arboree sparse in tutto il mondo, zone tropicali incluse. L'analisi ha messo in luce che la rapida crescita, favorita dalle alte temperature e dalle levate concentrazioni di CO2, porta gli alberi a morire in età giovanile. Per gli scienziati, questo processo fa sì che "l'effetto spugna" nei confronti dei gas serra abbia vita breve: maturando più in fretta gli alberi assorbono infatti grandi quantità di anidride carbonica, salvo poi rilasciarne a loro volta massicce dosi una volta deceduti. Un bilancio netto che, stando agli autori, trasforma paradossalmente i polmoni verdi in un potenziale sorgente di emissioni che può alimentare il riscaldamento del pianeta. Nel commentare le prove raccolte, il coautore Steve Voelker ha spiegato che, dopo decenni in cui gli esseri umani hanno beneficiato del potere pulente delle foreste, i tassi di assorbimento della CO2 sembrano ora destinati al declino in quanto "gli alberi a crescita lenta e persistenti vengono soppiantati da alberi a crescita rapida ma vulnerabili". Per quanto riguarda il tema della maggiore vulnerabilità, i ricercatori suggeriscono che le probabilità di morte aumentino notevolmente un volta che gli alberi hanno raggiunto la loro massima dimensione potenziale. Un'altra ipotesi prevede invece che le piante a crescita rapida investano meno risorse nello sviluppo di meccanismi difensivi contro malattie e insetti, risultando quindi più fragili.
Alcuni esperti hanno sottolineato che, se confermati da ulteriori verifiche, i risultati dello studio metterebbero in discussione molte delle nostre attuali certezze, tra cui l'idea che per contrastare le emissioni da combustibili fossili sia assolutamente necessario piantare nuovi alberi.